Amarsi per amare
Una bella storia d’amore

Pochi giorni fa, dopo aver salutato una mia paziente mi sono trovata a riflettere su un argomento a me molto caro. Provo a descrivere brevemente il caso: Federica è una ragazza di 25 anni, studia e lavora saltuariamente, ama divertirsi, ha una fitta rete di amici e una famiglia unita che l’ha sempre sorretta nel superare gli ostacoli che la vita le ha messo di fronte. All’età di 17 anni è stata protagonista di un brutto incidente stradale e da quel momento la sua vita è cambiata drasticamente. Prima di questo evento era una giovane ragazza che amava lo sport: era la sua professione e sognava di partecipare alle nazionali di ginnastica artistica; nessuno, tanto meno lei, aveva mai pensato che un incidente le avrebbe cambiato in questo modo l’esistenza. E invece così è stato… i mesi in cui è stata costretta a letto e gli anni di fisioterapia, hanno influito sulla sua personalità; così, si è ritrovata a dover modificare tutti i suoi progetti e a rivedere i suoi sogni. La sua autostima è stata messa seriamente alla prova come anche l’amore per se stessa e di conseguenza quello per gli altri intorno a lei. Gli anni successivi all’incidente sono stati duri e faticosi, non solo per l’handicap fisico che ne è derivato e con il quale solo ora sta imparando a convivere, ma soprattutto per la necessità di riscoprire se stessa. La sua difficoltà più grande è stata quella di “rinascere”: si è dovuta ricreare, reinventare. L’improvviso, imprevisto e drastico cambiamento della sua vita, l’ha portata a prendere strade difficili, alcune volte “sbagliate”. Si è appoggiata molto alla musica e alla natura per poterne venire fuori. Musica e natura: elementi straordinari che l’hanno portata a mettersi in contatto con le proprie emozioni.

Sono passati tanti anni dal giorno dell’incidente e ancora oggi Federica sperimenta se stessa e i suoi limiti, in un viaggio alla scoperta dell’amore, quello vero, cioè l’amore per la propria persona.

Amare se stessi è un processo fondamentale per poter stare bene e per avere relazioni e rapporti sani e duraturi nei quali non ci si annulli nell’altro; ma è anche un percorso difficile che dura tutta l’intera esistenza, perché continuamente rimesso in discussione dalle varie vicende della vita: delusioni, incidenti (come nel caso di Federica), perdite, nuove conoscenze, fallimenti lavorativi, lutti, malattie. Il modo in cui ci percepiamo ed in cui riusciamo a metterci in contatto con i nostri stati d’animo influenzano la nostra capacità di amare noi stessi: se ciò non avviene, ne consegue un’insoddisfazione dei desideri e dei bisogni personali: questo può essere molto dannoso sia per la propria persona sia per coloro che ci circondano.  Bisogna accettare ciò che siamo, includendovi i pregi e i difetti, riconoscendo i nostri limiti e sapendoli sfidare, e, quindi, affrontare.

Prendersi cura di se stessi, rispettare i propri tempi, regalarsi una carezza simbolica ogni qualvolta si subisca un’ingiustizia, non giudicarsi per un errore commesso: questi sono i primi passi per poterci realmente “innamorare” di se stessi. Diversamente si potrebbe cadere facilmente vittime di rapporti di dipendenza affettiva, nei quali in realtà non c’è spazio per la libera espressione di sé, ma si resta costantemente intrappolati in un groviglio di manipolazioni e menzogne: in questo genere di relazioni, ogni desiderio viene annullato. Questo processo, che conduce verso un amore incondizionato di se stessi, ha origine nei rapporti con il proprio caregiver (cioè la figura di riferimento) nei primissimi anni di vita. Come afferma Bowlby esistono diversi tipi di attaccamento: si passa da uno stile di attaccamento “sicuro”, nel quale il bambino è libero di esplorare l’ambiente che lo circonda, poichè sa di poter tornare sempre dal proprio cargiver, ad uno stile di attaccamento “insicuro”, in cui invece i bisogni di accudimento non vengono soddisfatti e di conseguenza sarà difficile mettersi in contatto con le emozioni che accompagnano il bambino verso un’esplorazione del mondo autentica e felice, incastrandolo quindi in un rapporto di dipendenza.

Nel primo caso, il bambino si sente protetto, rassicurato e coccolato, in quanto il clima familiare è stato sereno e accogliente, tanto da permettergli di imparare ad essere una persona degna di amore e di rispetto che sarà poi in grado di donare al prossimo. Quando invece il bisogno di accudimento non è stato soddisfatto a suo tempo, il rischio è quello di sviluppare una dipendenza affettiva: la persona viene annullata ed è costretta a vivere una relazione fusionale generatrice di ansia e angosce: non c’è più un “io”, ma esiste solo un “noi” (si rimanda all’articolo “Legame di attaccamento. L’importanza di legarsi”).

Un altro rischio è quello di sviluppare una personalità di tipo narcisistico, in cui la persona centra l’attenzione solo su di sè senza dare alcuno spazio all’altro. Freud sosteneva che se il narcisismo era un processo del tutto normale e fisiologico nei primi anni di vita, di contro, un suo ritorno in età adulta, comportava un totale ritiro della libido nuovamente su di sé e la conseguente incapacità d’amare l’altro in modo incondizionato. L’amore per l’altro diventa quindi solo un’illusione: “siamo noi stessi ad essere amati in lui, o per meglio dire la versione perfetta di noi traumaticamente perduta. Nell’altro cerchiamo il risanamento dell’antica ferita” (Cimino C. 2012). Sembra che alla base di tutto ci sia il soddisfacimento dei propri bisogni: quando parliamo di bisogni intendiamo sia quelli fisiologici, come ad esempio la fame ed il sonno, che quelli affettivi; la persona che acquisisce una sicurezza emotiva avrà una percezione positiva di sé e delle proprie emozioni e sentirà quindi di essere in grado di superare ogni ostacolo della vita grazie alle proprie forze, senza però dimenticare che esiste la possibilità di chiedere aiuto, quando sente di non potercela fare da sè. Fondamentale a tale scopo è anche avere una buona autostima: con questo termine si intende l’insieme di giudizi (positivi o negativi) che la persona attribuisce a se stessa nelle varie circostanze di vita; essa ci consente di auto-osservarci e di conseguenza di conoscerci profondamente. Il suo sviluppo dipende da una miriade di fattori, tanto interni quanto esterni all’individuo: come già detto, gli altri giocano infatti un ruolo molto importante, avendo cioè il “potere” di influenzare il modo in cui la persona si percepisce già dai primissimi anni di vita. Pertanto, è il frutto delle nostre relazioni e interazioni. All’origine della costruzione dell’autostima ci sono il Sé ideale e il Sé reale: il primo, corrisponde a come la persona vorrebbe essere, mentre il secondo corrisponde al dato oggettivo, composto da abilità, capacità e limiti. Nel momento in cui, dopo un confronto tra i due Sé, la discrepanza si rivela particolarmente significativa, la persona sviluppa una scarsa stima di se stessa. Molte persone confondono l’amore per se stessi con l’egoismo, ma in realtà si tratta di  due concetti molto diversi: l’egoista non si ama anzi forse si disprezza, o addirittura si odia: tutto ciò che fa è un tentativo di colmare un immenso vuoto interiore. “L’egoista è un narcisista che ha imparato, con il tempo, a centrare tutte le attenzioni solo e unicamente sul proprio sé” (Freud). Quello che bisogna fare per iniziare a volersi davvero bene è conoscersi nel profondo senza giudicarsi, accogliere tutte le emozioni, da quelle più dolorose a quelle più gradevoli, acquisendo un buon grado di consapevolezza della propria storia familiare e cercando di “capire” perché alcuni bisogni non siano stati soddisfatti dal proprio cargiver: ciò consentirà di perdonare se stessi e di conseguenza gli altri, evitando di commettere i medesimi errori. E’ un duro lavoro su se stessi che mette costantemente alla prova, una scoperta continua, un viaggio lungo e tortuoso, ma allo stesso tempo ricco di sorprese.

Lo stesso viaggio che parte tanto tempo addietro da Federica, condotto per poter sopravvivere in un mondo che chiede di essere riscoperto e nel quale poter finalmente ricominciare, guardando a cose e persone attraverso occhi del tutto occhi.

“Amare se stessi è l’inizio di una storia d’amore lunga tutta la vita” (O.Wilde)

Dott.ssa Serena Bernabè

Riceve su appuntamento a Roma
(+39) 349 2734192

Per Approfondire:

  • Erich Fromm, L’arte di amare, Mondador, 1995
  • Cristina Cimino, La concezione dell’amore in Freud. Implicazioni teoriche e cliniche. 2012
  • Alessandro Chelo, Il dono dell’imperfezione. Feltrinelli,2016

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