L’ “arte” del controllo

Il primo a suggerirci come la strategia militare potesse essere applicata alle relazioni umane fu il generale e filosofo cinese Sun Tzu. Nel suo celebre trattato “L’arte della guerra” ci offre preziose riflessioni sulla gestione del rapporto col nemico nel campo di battaglia e viene adottato non soltanto nelle più prestigiose scuole militari occidentali, ma anche da moltissime discipline che hanno poco a che vedere con armature e trincee, come ad esempio quella del marketing.

La metafora della guerra è presente in moltissimi contesti quotidiani, basti pensare alla narrazione che i media hanno fatto del Covid: il virus come nemico da debellare, il coprifuoco, i bollettini quotidiani con la rassegna dei contagiati e dei morti, i medici eroi, lo slogan “ce la faremo” etc.

Ma in questa sede vorrei poter approfondire una strategia di guerra “locale”, spesso applicata in ambito relazionale: la strategia romana del “divide et impera”, letteralmente, “dividi e comanda”.

Nel 338 a.C. Roma sconfisse il suo più grande nemico dell’epoca, la Lega Latina, composta da circa 30 villaggi e tribù che cercavano di bloccare la sua espansione. La strategia utilizzata era molto semplice: i Romani fecero in modo che le città combattessero tra loro per ottenere il loro favore ed entrare a far parte dell’impero. Le città dimenticavano di avere un nemico comune, si concentravano sulle loro differenze e finivano per alimentare i conflitti interni.

La strategia di rompere un gruppo grande e unito (quindi potenzialmente minaccioso), dividendolo in parti più piccole ha l’obiettivo di indebolire questo gruppo, rendendolo meno minaccioso agli occhi degli avversari e potendolo quindi controllare. La narrazione alla base di questa strategia divisiva alimenta un pensiero dicotomico (esiste un “bene” e un “male”, un “amico” e un “nemico”) e paranoico (il male, il nemico si trovano all’esterno). E normalmente la necessità di ricercare un nemico esterno suggerisce che potrebbe esserci uno scenario non esattamente limpido all’interno: si distrae quindi l’uditorio dal valutare la qualità dello scenario interno e dal pericolo che l’unità potrebbe rappresentare per il nemico, spostando l’attenzione sul male che c’è fuori.

Esempi di questa strategia possono essere trovati nella vita relazionale intima come in quella sociale.

Per quanto riguarda le relazioni intime, potremmo prendere ad esempio la struttura della relazione con una persona narcisista. Il narcisista tenderà a mantenere le diverse parti di sé (a volte percepite all’esterno come maschere) separate tra loro, come in compartimenti stagni: la sua struttura di personalità rigida e risultato di meccanismi difensivi di scissione come reazione ad eventi dolorosi, lo portano a mostrare singole parti di sé ad un potenziale partner. Questo partner costruirà quindi un’immagine relazionale basata sulla “maschera” del narcisista che gli verrà offerto di guardare, non avendo però a disposizione una visione d’insieme delle altre parti del partner: una panoramica sulle diverse aree di vita del partner non permetterebbe al narcisista di mantenere il controllo relazionale. La relazione, spesso idealizzata come tutte le esperienze bidimensionali, apparirà ideale, perfetta, seppur si potrebbe intravedere una certa piattezza rispetto alla gamma di espressione umana. Il narcisista manterrà così un controllo sulla sua relazione, mostrando sempre e solo la parte di sé che sceglie di mostrare. Fino al momento di crisi in cui non riuscirà più a mantenere i compartimenti stagni…

Allo stesso modo, sul versante delle relazioni sociali, uno studio dell’Università Columbia ha scoperto come l’esposizione a idee contrarie alle nostre non ci avvicina a quei punti di vista, al contrario, rafforza le nostre tendenze liberali o conservatrici. Quando vediamo nell’altro l’incarnazione del male, assumiamo automaticamente di essere l’incarnazione del bene. Questo pensiero pericoloso viene spesso utilizzato quando si parla di propaganda politica.

In sintesi, la strategia divisiva per controllare funziona, sia a livello individuale che sociale. Fino a che si hanno le energie per mantenere la menzogna sulla quale si regge.

Per Approfondire:

Sun Tzu – L’arte della guerra

Gabbard G. O.  (2019) – Il disagio del narcisismo

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