Genitori e disturbi specifici dell’apprendimento. Tu non capisci niente!

Adesso non trovo la parola giusta. Ma trovare le parole giuste è magnifico. Trovare la parola giusta è così importante. Le parole sono come cuscini: quando sono disposte nel modo giusto alleviano il dolore

(James Hillman)

L’inserimento a scuola per i bambini e le loro famiglie non è affatto un momento facile, anzi rappresenta per il nucleo familiare un cambiamento non indifferente: i genitori realizzano che il loro bambino non è più piccolo (che abbia frequentato l’asilo o meno), la scuola dell’infanzia, in effetti, inizia tra le mura domestiche e si apre così: domani vai a scuola, sei diventato grande! Il bambino non ancora del tutto autonomo dovrà imparare a seguire le lezioni, leggere, scrivere, fare i calcoli, interagire con adulti sconosciuti (insegnanti) e altri piccoli mai visti (compagni di classe). È l’inizio di nuova storia, la sua storia, la storia della famiglia che si costruisce nel tempo, una storia dalla quale dipende la vita di tutti: bambino, mamma, papà.

Cambia tutto, la famiglia deve mettere da parte i soldi per supportare la formazione del figlio, deve riservare dei momenti esclusivi da dedicare alla scuola e ai momenti salienti che il bambino vive all’interno di questa (gite, recite scolastiche, riunioni tra genitori, colloqui con gli insegnanti). C’è la scuola adesso: chi lo va lasciare la mattina? Chi lo va a prendere? Quale zaino compriamo? E il diario, i quaderni, le penne, i colori? E i libri, quanto costano i libri? E se non va tutto bene? Che succede? Se il bambino dopo un certo periodo di tempo passato tra i banchi mostra dei disagi: “non ci vedo bene, non riesco a leggere, non capisco il maestro quando spiega, sono confuso, non ricordo nulla, non so contare, le tabelline????? Eh??? Mmmmmmm, eh!!??”; ecco alcuni esempi di ciò che un bambino con DSA potrebbe dire.

“La Consensus Conference dell’Istituto Sanitario di Sanità (2011) ha indicato che in Italia i DSA mostrano una prevalenza oscillante tra il 2,5% e il 3,5% della popolazione in età evolutiva. Dalla rilevazione del MIUR svolta nell’anno scolastico 2014/2015, la percentuale degli alunni e studenti con DSA nel sistema nazionale d’istruzione si attesta intorno al 2,1% (186.803 alunni/studenti su un totale di 8.845.984). In particolare nel 2014 e nel 2015, le percentuali di alunni/studenti con diagnosi di DSA sono l’1,6% alla scuola primaria, il 4,2% alla scuola secondaria di primo grado e il 2,5% alla scuola secondaria di secondo grado”; per un maggiore approfondimento si rimanda alla lettura del testo (http://www.psy.it/wp-content/uploads/2016/03/I-DSA-e-gli-altri-BES1.pdf).   Il M.I.U.R. (Ministero Istruzione Università Ricerca) tramite uno screening effettuato nelle scuole italiane ha rilevato un numero elevatissimo, rispetto agli anni passati, di alunni con disturbi specifici dell’apprendimento (dislessia evolutiva e acquisita, disgrafia, disortografia, discalculia); ovvero difficoltà di lettura, scrittura e calcolo (per approfondire i segni e i sintomi si rimanda alla lettura del testo: Cornoldi, C.  2007 – Difficoltà e disturbi dell’apprendimento, Il Mulino). Si può fare diagnosi di DSA quando i risultati ottenuti dal bambino in test standardizzati, somministrati individualmente, su lettura, espressione scritta e calcolo risultano significativamente al di sotto di quanto previsto in base all’età, all’istruzione e al livello di intelligenza del bambino. I problemi di apprendimento interferiscono in modo significativo con i risultati scolastici o con le attività di vita quotidiana. I DSA (learning disorder) sono disturbi multifattoriali che intaccano le abilità cognitive, emotive e sociali del bambino e che provocano conseguenze sulla sua salute a lungo termine se non vengono attenzionati in tempo. Prevenire l’insorgenza di DSA non è sempre possibile, soprattutto quando il disturbo è evolutivo (si presenta cioè sin dalle prime tappe dello sviluppo), ma la scuola per il bambino rappresenta un contesto di vita privilegiato, dove prende avvio la crescita in tutte le sue sfaccettature, dove la psiche deve impiegare risorse cognitive per incamerare le informazioni esterne e mettere in pratica attraverso lettura, scrittura e calcolo, ciò che si è appreso; la scuola, inoltre, è il luogo dove si sviluppa il modello di Sé e dell’Altro non più soltanto su un piano individuale ma soprattutto gruppale, in cui il bambino costruisce l’immagine di sé in termini di profilo motivazionale (autostima, autoregolazione, autoefficacia scolastica percepita, stili attributivi interni ed esterni, teoria incrementale dell’intelligenza e obiettivi di rendimento). Se il bambino “non va bene” a scuola, le cause potrebbero essere legate al malfunzionamento di alcune specifiche abilità alla base dell’apprendimento: funzioni esecutive, attenzione mantenuta, attenzione selettiva, attenzione condivisa, autoregolazione, metacognizione, problem solving, memoria a breve e a lungo termine, memoria di lavoro. Oggigiorno, sempre di più  si fa diagnosi di DSA in comorbidità con disprassia e disturbo della coordinazione motoria. Comunque sia, capire se e come si presenta il disturbo è fondamentale per prender subito in esame compromissioni a carico, di quello che ad oggi viene definito: apprendimento della letto-scrittura. Ecco come e cosa, genitori e insegnanti (spesso lasciati soli a gestire alunni con tali difficoltà) dovrebbero sapere dei disturbi dell’apprendimento:

  • non sono associati a lesione organica (ovvero non vi sono lesioni cerebrali evidenziabili clinicamente);
  • dislessia (centrale o periferica, profonda o superficiale), disgrafia, disortografia, discalculia potrebbero presentarsi singolarmente o contemporaneamente;
  • i DSA potrebbero presentarsi in presenza di altri disturbi del neurosviluppo;
  • oggi i manuali nosografici di riferimento (ICD-10 e DSM 5) fanno riferimento alla dislessia in caso di compromissione della comprensione del testo orale e/o scritto, anche in assenza di disturbo della lettura;
  • oltre ai classici sintomi vi è un’enorme difficoltà nell’apprendimento della lingua straniera (sembra in ogni caso più compromessa la produzione di questa che la comprensione);
  • il bambino potrebbe presentarsi a scuola con le seguenti caratteristiche: con un vocabolario povero rispetto ai compagni, distratto, isolato, demoralizzato, non interviene in classe, parla troppo, si muove spesso, testardo, prova sentimenti di invidia e rabbia verso i compagni percepiti più bravi e più competenti, non utilizza correttamente il materiale scolastico, non rispetta le regole, interrompe il maestro, spesso è aggressivo o taciturno, sembra non prestare ascolto); a casa (non vuole studiare, ha paura di andare a scuola la mattina, inappetente, non riesce a dormire bene, vive con terrore il momento dei compiti, prova senso di colpa e frustrazione perché non riesce a “fare bene” e sente di essere un peso per i genitori con i quali la comunicazione diventa disfunzionale se quest’ultimi non hanno capito che si trovano a dover accogliere e accettare un bisogno speciale); la Direttiva Ministeriale del 27.12.2012 riassume i BES (bisogni educativi speciali)  in tre grandi sottocategorie: quella della disabilità (L.104/92), quella dei disturbi evolutivi specifici (tra i quali i DSA, L.170/2010 e anche ADHD), oltre che e quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale. ( per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo La Dislessia-Gli struzzi non mettono la testa sotto la sabbia).

Per effettuare una diagnosi accurata di DSA diventa necessaria un’anamnesi dettagliata che prevede l’approfondimento di alcune aree: la storia evolutiva del bambino e della sua famiglia, l’eventuale presenza di patologie precedenti, eventuali complicazioni durante la gestazione e/o il parto, verificare con strumenti specifici l’andamento delle dimensioni dello sviluppo locomotorio, personale, sociale, affettivo, competenze visuospaziali e di orientamento nello spazio, capacità di memoria, qualità delle relazioni significative (parenti, amici), in che modo viene vissuto il tempo libero e se sono presenti attività extrascolastiche che richiedono sforzi cognitivi. La maggior parte dei Servizi dell’Infanzia rilevano un atteggiamento inadeguato da parte degli “addetti ai lavori”, da parte di chi, cioè,  sta a stretto contatto con il bambino e si rende conto che quest’ultimo presenta tali disagi, spesso dopo avere subodorato le problematiche che il bambino, vuoi per timidezza, vuoi perché non saprebbe come dirlo, non riesce ad affrontare da solo.

Anzi, la maggior parte delle volte, non viene capito e i suoi bisogni vengono bypassati perché “tanto col tempo passa!!!” No, non è detto che con l’impegno e l’esercizio continuo il bambino possa migliorare, le scuole dei nostri bambini dovrebbero essere fornite di strumenti compensativi che facilitino l’apprendimento della letto-scrittura e del calcolo tramite anche adattamento creativo e con metodologie di apprendimento non formale; non si tratta semplicemente di rimettere in sesto meccanismi cognitivi squilibrati ma di agire efficacemente sui processi di apprendimento mettendosi “nei panni” del bambino e rendendo, non solo meno complicato, ma anche speciale e unico il percorso scolastico. I bambini con DSA, infatti, vanno incontro ad un abbassamento del livello delle competenze acquisite, ma rischiano anche, di abbandonare precocemente la scuola. Per un bambino con tali fragilità, andare a scuola può diventare un incubo se gli insegnanti non si attivano per facilitare un approccio positivo verso l’apprendimento. Gli insegnanti e i genitori devono e/o dovrebbero saper rintracciare i cosìddetti segnali “spia”: il bambino non riporta risultati scolastici soddisfacenti, tende a stare da solo e a non interagire con i compagni; a livello sociale i bambini con DSA spesso mostrano scarse competenze, per non essere paragonati all’”Altro più bravo” e per non sentirsi inferiori a questo, preferiscono stare in solitudine, non si impegnano per  ottenere di più, perché pensano di non “farcela mai”.

Cari genitori se il vostro bambino vi preoccupa, affidatevi ad un professionista che faccia diagnosi supportata da batterie testologiche riconosciute dalla comunità scientifica di riferimento; qualora venga riscontrata davvero la presenza di un disturbo specifico dell’apprendimento, assicuratevi che la scuola garantisca al vostro bambino un supporto durante le ore trascorse in aula (assistente alla comunicazione e all’autonomia). Munitevi di una certificazione appropriata alle problematiche manifestate dal bambino e richiedete dei programmi educativi e didattici personalizzati (PDP) che la scuola dovrebbe garantirvi e agevolino l’inclusione del bambino nel posto in cui passerà la maggior parte del suo tempo. Genitori e insegnanti uniti, quindi, nell’assicurare uno spazio vita funzionale e funzionante a partire dalla prima infanzia: chiedete aiuto. Agite nella prevenzione e sostenete il futuro, ogni giorno, ogni mattina, ogni sera.

Troverai le tue parole, a tuo modo e con i tuoi tempi, non saranno come quelle degli altri e saranno speciali proprio per questo …

A. D.

Dott.ssa Gabriella Papadia

gabriellapapadia@gmail.com

Per Approfondire:

Bender, W. N. (2004). Learning disabilities: Characteristics, identification, and teaching strategies. Allyn & Bacon.

Capuano, A., Storace, F., & Ventriglia, L. (2013). BES e DSA: la scuola di qualità per tutti. Libri Liberi.

Chiaro, M. (2013). Strategie didattiche inclusive: le nuove tecnologie nell’ICF-CY. Form@ re, 13, 64.

Cornoldi, C.(2007). Difficoltà e disturbi dell’apprendimento. Il mulino.

Gersten, R., Fuchs, L. S., Williams, J. P., & Baker, S. (2001). Teaching reading comprehension strategies to students with learning disabilities: A review of research. Review of Educational Research, 71, 279-320.

Lampacrescia, I. F. D. A. E., & Porfiri, L. (2015). BES E INCLUSIVITÀ. Metodi e strumenti per una didattica individualizzata e personalizzata.                                                                                                        

Magni, F. (2015). L’integrazione scolastica delle persone con disabilità, disturbi specifici di apprendimento (DSA) e bisogni educativi speciali (BES).                                                                                                                  

Perricone, G. (2011). Una giostra per la formazione. Modelli e metodologie nei Piani Operativi Nazionali della Scuola.                                                                                                                                            

Perricone, G., & Morales, M. R. (2011). Prerequisiti e indicatori di difficoltà di apprendimento in bambini moderatamente pretermine di età prescolare. Ricerche di psicologia.                                                                                                                                                                                                        Striano, M. (2013). BES e DSA negli interventi educativi. In Disturbi Specifici dell’Apprendimento: un’occasione d’incontro tra scuola e università”.

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