Il Gioco D’Azzardo
L’illusione di Controllare il Destino

Giocare.

Un verbo semplice che ha il potere di riportarci alla mente ricordi d’infanzia. Quei giochi bramati, attesi, pretesi come momenti di svago, come opportunità di crescita.

Nel gioco ogni bambino ha l’occasione di trasportarsi in un mondo alternativo e divertente fatto di  regole e di fantasia. Attraverso le regole ha l’opportunità di sperimentare i propri limiti e riconoscersi e, attraverso la fantasia, di cedere ai desideri onnipotenti e infantili di sovraumanità, potendo controllare la realtà alternativa nell’illusione di controllare il reale  (per maggiori approfondimenti si rimanda all’articolo Il ruolo del gioco nello sviluppo- da 0 a 99 anni”). “Esiste TUTTO nella fantasia”, ripeteva mia madre quando ero piccola.

Il gioco è un bisogno primordiale che non appartiene solo ai bambini: è un’occasione desiderata e ricercata nell’intero arco di vita perché crea una rottura all’abitudine, sollecita pensieri nuovi, gratifica e sa di libertà. Dona l’opportunità – anche agli adulti – di rientrare in contatto con quei pensieri onnipotenti infantili che nella realtà-reale rimangono (nei più) sopiti, scontrandosi con troppi fattori incontrollabili.

L’illusione del controllo sulla realtà è un’esperienza comune e affascinante nel gioco. Il sentirsi fortunati, ad esempio, significa attribuirsi il potere di conquistare la Fortuna e riconoscersi un ruolo attivo giocando. Ma è un’arma a doppio taglio: può essere funzionale nella realtà alternativa, ma essere pericolosa per via dell’assenza del contatto con il reale. Nell’infanzia le realtà reale e la realtà ludica coesistono senza disturbarsi; crescendo si rischia di perdere la capacità di “saper giocare” dei bambini, arrivando , pericolosamente e pian piano, a far coincidere in un’equivalenza le due dimensioni della realtà. L’attrazione del gioco sta proprio nel desiderio di controllare l’incontrollabile.

Il gioco d’azzardo è una gara con il proprio destino nell’illusione di poterlo controllare.

Viene spiegato come un processo che, in alcune personalità, si sviluppa progressivamente durante l’arco di vita e si struttura in un periodo di tempo lungo e insidioso. La spinta al gioco è insita nell’essere umano, prevalentemente per le valenze positive che questa attività ha sull’umore: dunque si nasce con una curiosità innata al gioco, ma non si nasce giocatori d’azzardo.

Prima dello strutturarsi di un vero e proprio disturbo in cui l’azzardo diviene un pensiero ossessivo e un comportamento compulsivo, possono esservi anni di gioco d’azzardo socialmente accettato.

La distinzione tra gioco patologico (compulsivo) e gioco sociale è tutt’altro che semplice.

Dikerson propone di considerare i giocatori d’azzardo come un unico gruppo eterogeneo che si differenzia individualmente per il grado di auto-controllo che esercita nel gioco. A tal proposito, dà una  definizione di social gambler (giocatore sociale) come quel tipo di giocatore con maggiore auto-controllo, che si approccia al gioco per il desiderio di passare il tempo e divertirsi; il giocatore sociale desidera vincere, a livello consapevole e inconsapevole, dando un’importanza al denaro nella vincita e producendo previsioni sull’esito del gioco con un sano contatto con la realtà piuttosto che con pensieri onnipotenti e illusioni di controllo.  

Differentemente, il pathological gambler (giocatore patologico) prova maggiormente senso di colpa, è incapace di fermarsi quando vince, ma anche quando perde, perchè il suo desiderio inconscio è di sperimentarsi nella perdita. Il denaro non rappresenta per lui lo scopo del gioco, ma è esclusivamente un mezzo per continuare a giocare; non gioca per denaro, ma per eccitarsi giocando. Il giocatore compulsivo mostra una riduzione o un’assenza di contatto con la realtà e con il pericolo: questa difficoltà  viene spiegata molto bene dalla “strategia dell’inseguimento”, ovvero la tendenza dei giocatori patologici a reiterare il comportamento, continuando a perdere, magari puntando sempre di più, nella mera illusione di arrivare a controllare il gioco, la fortuna e vincere.

Come riconosciamo un giocatore d’azzardo patologico?

Il DSM – 5 (Manuale Diagnostico per i disturbi mentali – 5° edizione) definisce Il Disturbo da Gioco d’Azzardo come un “Persistente e ricorrente comportamento di gioco d’azzardo maladattivo che conduce a compromissione o disagi clinici per un periodo di almeno 12 mesi”. Per una diagnosi, il comportamento d’azzardo non deve essere meglio spiegato da un episodio maniacale e deve presentare almeno quattro dei seguenti criteri:

  1. Necessità di giocare una quantità crescente di denaro con lo scopo di raggiungere l’eccitazione desiderata
  2. È irritabile o irrequieto quando tenta di  ridurre o interrompere il gioco d’azzardo
  3. Ha effettuato ripetuti sforzi infruttuosi per controllare, ridurre o interrompere  il gioco d’azzardo
  4. È spesso preoccupato per il gioco d’azzardo (per esempio, ha pensieri persistenti di rivivere esperienze passate del gioco d’azzardo, di problematiche  o di pianificazioni future, pensando  come ottenere danaro con cui giocare)
  5. Spesso gioca quando si sente in  difficoltà (per esempio, quando si sente in colpa, ansioso, depresso..)
  6. Dopo aver perso soldi al gioco, spesso  torna un altro giorno (perdite “inseguite”)
  7. Racconta bugie per nascondere il coinvolgimento nel gioco d’azzardo
  8. Ha messo a repentaglio o ha perso  una relazione significativa, il lavoro, lo studio o una opportunità di carriera  a causa del gioco d’azzardo
  9. Si appoggia su altri per cercare denaro e per alleviare le disperate situazioni  finanziarie causate dal gioco d’azzardo

Il gioco d’azzardo patologico si struttura nell’incontro di un insieme di elementi dinamici biologici, sociali, ambientali, psicologici… è un disturbo che coinvolge personalità prevalentemente di livello borderline, caratterizzate da un’Io debole, oscillazioni violente del tono dell’umore, difficoltà di controllo, drammaticità, precarietà delle relazioni interpersonali, pensiero magico, ricerca del rischio e sensationseeking (Per maggiori approfondimenti si rimanda agli articoli “Organizzazione Borderline di Personalità- alla ricerca disperata di un legame d’amore” e “Sensation seeking -sento quindi sono“). Il gioco è un agito e, come tale, una possibilità che il soggetto si da per entrare in “azione”, ma in maniera disfunzionale. Ci si scontra, infatti, frequentemente con tratti narcisistici centrali e patologici nella personalità del giocatore d’azzardo compulsivo.

I meccanismi difensivi messi in atto sono perlopiù l’onnipotenza, la scissione, l’idealizzazione e/o la svalutazione, la proiezione e il diniego. Ma è la pratica del gioco d’azzardo stesso ad essere definita un movimento difensivo: alla base del comportamento ossessivo/compulsivo viene riconosciuta una strategia inconsapevole per sopravvivere psichicamente ad un’ampia gamma di disturbi psichiatrici caratterizzati da angoscia,vissuti depressivi o psicotici…

La teoria psicoanalitica ricollega il nucleo della dipendenza da gioco a tematiche infantili di natura sessuale sottolineando tratti masochistici, pulsioni anali e orali nei giocatori.Interpreta il gioco come una sublimazione: una sostituzione di comportamenti segretamente desiderati, considerati “impuri” e “impensabili”, con altri socialmente accettati che svolgono la stessa funzione psichica. Gli impulsi libidici non risolti possono essere sublimati, agiti e soddisfatti in molti modi alternativi, come il bere, il mangiare o il giocare d’azzardo in modo eccessivo.

La sublimazione ci suggerisce il movimento di un’aggressività inconscia che viene liberata attraverso un comportamento sostitutivo. L’eccitamento prodotto dal giocare d’azzardo è come una masturbazione sublimata. Il “vizio” dell’onanismo è dunque sostituito da quello del gioco, mantenendo in grande rilevanza il potere delle mani in attività.  Vincere è come un orgasmo e simbolicamente una sconfitta/un’uccisione del proprio padre (una vittoria edipica); mentre perdere rappresenta una castrazione, una simbolica morte per mano del padre (una sconfitta edipica). Vincere è dunque la realizzazione dei desideri incestuosi edipici, ma entrando in contatto col il senso di colpa verso il paterno; perdere significa evitare di uccidere simbolicamente il padre, ma essere castrati da lui. Il giocatore lotta costantemente per realizzare l’impresa impossibile di vincere e di perdere allo stesso tempo (o di non farlo mai): è questa ricerca senza fine che lo tiene incastrato e seduto al tavolo da gioco.

Il gioco d’azzardo patologico è un problema individuale, ma anche familiare e sociale. Si stima che il comportamento di un giocatore d’azzardo influisca negativamente sulla vita di almeno dieci persone. Si configura, per questo, come un importante oggetto d’intervento terapeutico. La combinazione fra psicoterapia e supporto farmacologico è la strategia consigliata per intervenire.

Dott.ssa Emanuela Gamba

Riceve su appuntamento a Roma (Zona Monte Mario) e Formia (LT)
(+39) 389 2404480 – emanuela.gamba@libero.it

Per approfondire

Freud S. (1927) Dostoevskij e il parricidio. In “Opere di S. Freud”

Dostoevskij F, “Il Giocatore”, Ed Garzanti, 2008

Bolen D.W., Boyd W.H. (1968), Gambling and the gambler. A review and preliminary findings, Archives of General Psychiatry, 18, 617-630

ROosenthal R.J. (1997), The psychodynamics of pathological gambling: a review of literature. In: D.L. Yalisove (ed.), Essential papers on addiction, New York University Press, New York, NY.

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