Il ritiro psicologico. Fondersi con le proprie fantasie

Sono passate ormai 2 ore di lezione, con il professore più noioso dell’istituto scolastico, che in maniera monotona e senza inflessioni vocali o emotive continua a spiegarvi un trattato di una delle materie da voi più odiate. Il vostro livello di sopportazione ormai è a limite, ma sapete che vi attendono ancora altre 2 ore di lezione, obbligatoriamente. Vorreste fuggire dalla classe, ma non c’è via di fuga. Ed eccola lì la soluzione: iniziate a immaginare di trovarvi altrove, in un altro posto, magari di fantasia e in una trama avvincente creata da voi e dove, magari, voi siete gli eroi, e subito, magicamente, la tensione cala e quelle 2 ore interminabili riescono, quasi, a concludersi velocemente.

Vi trovate in una nuova città, magari per motivi lavorativi, da soli, senza nessuno che vi conosce. Per molto tempo fate fatica a fare amicizia con qualcuno e, pian piano, vi sentite angosciati, depressi, per questo forte senso di solitudine nel ritornare nella vostra casa, senza qualcuno ad accogliervi. Decidete allora di accendere la tv o leggere un buon libro o addirittura guardare oltre la finestra e pensare a quella persona incontrata sul bus, al cosa sarebbe successo se…, e via a fantasticare.

Questi due piccoli stralci di vita portano con sé un esempio di un meccanismo di difesa che, in piccole dosi, utilizziamo spesso nella nostra quotidianità: il ritiro psicologico.

Il ritiro è un meccanismo di difesa tipico di quelle persone che davanti a situazioni sociali o personali angoscianti o problematiche, preferiscono ritirarsi nel proprio mondo di fantasia interiore. All’interno di questo mondo di fantasia, tali persone riescono a ritrovare quella gratificazione tanto agognata: un ragazzo che soffre la solitudine dal proprio gruppo di pari, fantasticherà di essere più estroverso e riempirsi di amici “popolari”; una donna annoiata della propria routine lavorativa, fantasticherà di avere grandissimi poteri magici e immergersi in fantastiche avventure. Il ritiro come meccanismo di difesa si attiva, dunque, davanti ad angosce difficili da tollerare, impedendone però una reale elaborazione: Anziché formulare un tipo di pensiero maturo come “Soffro la solitudine per colpa della mia timidezza, scatenata dal mio continuo senso di inadeguatezza nei confronti dell’altro. Perché penso che gli altri mi giudicano? Ma, in fondo, realmente mi giudicano?” tendenzialmente chi utilizza il ritiro come meccanismo di difesa opterà per quest’altra dinamica “Soffro la solitudine, perché sono timido, fantastico un mondo dove sono estroverso e pieno di amici, cosicché posso trarne gratificazione”. Il ritiro permette di entrare nel mondo del “come sé”, della finzione dettagliata, simile alla realtà. Come avrete potuto capire dagli esempi sopra citati, il ritiro è legato ad un forte senso di inadeguatezza con la realtà circostante, e dunque, la persona, piuttosto che lottare con se stesso per affrontare le difficoltà della vita, assumendosi le proprie responsabilità da adulto, preferisce chiudersi in un mondo di fantasia, prettamente infantile, come i dipendenti da serie TV ( si rimanda all’articolo Le dipendenze da serie Tv – Le emozioni teleamiche) ) o quelli da videogioco e da internet (si rimanda all’articolo Internet Addiction – Un’arma a doppio taglio). Il ritiro è un fenomeno molto comune nei bambini, dove attraverso questo meccanismo di difesa, incoraggiato dall’adulto con il racconto delle fiabe (si rimanda all’articolo La funzione psicologica della fiaba – Il regno del proprio inconscio), stimola una conoscenza del proprio mondo interiore; ma il ritiro è osservabile in maniera massiccia nei bambini sovrastimolati o soggetti a forti tensioni che spesso si addormentano, come tentativo estremo di ritiro dalla realtà, dove coinvolge anche l’aspetto somatico ed esperienze di intrusione o violazione emotiva da parte delle figure di accudimento o di altri oggetti precoci possono rinforzare la tendenza al ritiro. Quando in un adulto il ritiro diventa abituale ed esclude altri modi di affrontare la vita si può parlare, invece, di personalità schizoide. 
Queste personalità, capaci di rimanere ore in silenzio senza rispondere alle domande postegli, mettono a dura prova la pazienza di chi sta loro accanto. La personalità schizoide evita il contatto, attraverso il ritiro tenta di rispondere alla sua angoscia ed in questo modo si estrania dalla partecipazione attiva alla soluzione interpersonale dei problemi. Una tra le lamentele più diffuse di persone a contatto con soggetti schizoidi è: “sta costantemente seduto sul divano a guardare la Tv, o il computer e si rifiuta di rispondermi”. Le persone cronicamente “ritirate”, chiuse nel proprio mondo interiore mettono a dura prova la pazienza delle persone che le amano. Il ritiro, però, se adoperato dall’adulto così come lo utilizza il bambino “sano”, può fornire i giusti mezzi per accedere ad una notevole creatività, ossia se il ritiro viene adoperato non per fuggire dalle proprie angosce e dalle proprie responsabilità, ma piuttosto come mezzo per conoscere meglio se stesso e i proprio sogni ad occhi aperti, è possibile affinare la capacità di trasmutare tali contenuti onirici all’esterno, affidandosi ad un mondo di fantasia pregna di nostre emozioni e sentimenti e combinando l’interesazione con il mondo esterno con la creatività dei sogni, così come fanno i più eccelsi scrittori, artisti, filosofi, scienziati e sognatori.

Dott. Dario Maggipinto

Riceve su appuntamento a Chieti

(+39) 334 9428501

dario.maggipinto@gmail.com

Per Approfondire:

La diagnosi psicoanalitca, McWilliams Nancy  Caretti V. (cur.)  Schimmenti A. (cur.)  edizioni Astrolabio Ubaldini, 2012

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