Il Silenzio. Come comunicare con il silenzio

Saper comunicare è una delle cose più difficili e impegnative, per poterlo fare in modo efficace bisogna sapersi conoscere, saper conoscere le proprie capacità e i propri limiti. Qualche mese fa mi è capitato di incontrare una persona, una ragazza di nome Luna, con la quale abbiamo stretto una bellissima amicizia, con lei non ho difficoltà a parlare, mi fa sentire al sicuro e libera di potermi esprimere come voglio. Durante la nostra conoscenza ho però scoperto una cosa, nei suoi silenzi si celano parole che non possono essere dette con la voce, ed è in questo momento che basta uno sguardo per poterci capire, comprendere fino in fondo. Continuando la nostra conoscenza ho avuto modo di capire che Luna ha difficoltà ad esprimere con le parole il suo pensiero soprattutto nel momento in cui si trova in difficoltà o sente di essere stata ferita, si chiude in un mutismo che è quasi impossibile superare. Spronarla, incoraggiandola ad utilizzare le parole per verbalizzare il suo pensiero è un compito arduo, ma con fatica ed impegno ho capito come poter fare per entrare in contatto con lei, dando quindi spazio ad una comunicazione. Con il tempo ho imparato che una delle cose più importanti nella comunicazione rimane proprio il silenzio.

Il linguaggio come anche le parole non sono l’unico modo in cui una persona può esprimersi, è proprio dal “non detto” che nasce la prima forma di comunicazione. Attraverso il silenzio è possibile istaurare una forma di dialogo interiore, così che i pensieri possano assumere una forma nuova, come anche le emozioni e i sentimenti, inoltre attraverso le “non parole” impariamo a conoscere noi stessi a ragionare a pensare.

Parlando di comunicazione viene automatico pensare alle parole come strumento per poter esprimere il pensiero (per un maggiore approfondimento si rimanda all’articolo “La comunicazione- cosa diciamo, come lo diciamo e cosa determiniamo”); in realtà questo non è l’unico modo per poterlo fare, oltre alla comunicazione verbale esiste anche la comunicazione non verbale, il silenzio fa parte proprio di quest’ultima categoria.

La comunicazione non verbale racchiude al suo interno tutta una seria di aspetti, come ad esempio l’espressione del volto, la postura, la mimica facciale, il modo di gesticolare ecc. E’ la forma più efficace di comunicazione perché è difficile se non addirittura impossibile fingere, e se è vero che le parole sono controllate da chi le produce è anche vero che l’espressione del volto così come la postura parlano da sé esprimendo con tutta la loro potenza l’emozione provata in quel preciso momento. E’ la forma più veloce di comunicazione ed è anche quella meno consapevole e cosciente.

Oltre ai movimenti del corpo un altro tipo di comunicazione non verbale riguarda:

  • i fenomeni paralinguistici come il modo di ridere, di piangere, le pause durante un discorso, i silenzi e i cambiamenti nel tono di voce.
  • la posizione che le persone assumono nello spazio, due persone che parlano possono aumentare o diminuire le distanze che intercorrono tra loro in base all’intimità del rapporto, al contesto nel quale si trovano o in base ad altre variabili funzionali al fine della comunicazione.
  • il modo di vestirsi, di truccarsi, di curarsi ecc.

Da questo breve elenco di modi in cui si può comunicare attraverso le “non parole”, possiamo affermare che è impossibile non comunicare e anche quando si pensa di non farlo non è possibile esimersi dall’essere un emittente (per un ulteriore approfondimento si rimanda all’articolo “Il mutismo selettivo- quando parla il silenzio“) E’ il caso di Luna: i suoi silenzi valgono più di ogni altra parola e anche se lei li usa per cercare di tenere nascosto il suo pensiero è evidente che il messaggio arriva comunque al destinatario anche se in modo poco chiaro e confuso.

Il silenzio in terapia fa parte dell’ascolto attivo del terapeuta, in questo caso è impossibile non far riferimento alla psicoanalisi dove è proprio nelle “non parole” che si svolge gran parte del lavoro terapeutico. Non a caso le sedute più produttive sono proprio quelle dove il terapeuta parla meno. Nella pratica clinica mi è capitato spesso di non riuscire a trovare nessuna cosa da dire in risposta ad un racconto o all’espressione di un emozione, spesso ho sentito che con le parole non sarei mai riuscita a colmare quel dolore, quella tristezza ma anche quella gioia e felicità espressa dalla persona con la quale stavo parlando. L’unica cosa da fare in quel momento è ascoltare e per poter ascoltare davvero bisogna stare in silenzio.

Molte persone non riescono a reggere il silenzio proprio per una loro difficoltà a mettersi in contatto con se stessi e con i loro pensieri, non riuscendo ad ascoltare gli altri, ma anche se stessi, cercano con tutte le loro forze di colmare quel momento attraverso discorsi senza senso o attraverso azioni con il fine di liberarsi da quel silenzio che incute timore e dal quale scaturisce ansia e angoscia, perché percepito come un momento di profonda solitudine.

Tornando a Luna, un’altra cosa che ho notato è il suo modo di utilizzare il silenzio per tenere l’altro lontano da sé, proprio per proteggersi e difendersi da quella comunicazione che viene da lei percepita come un’aggressione. In quel momento, in cui si sente aggredita, Luna accavalla le gambe e nervosamente incrocia anche le braccia, distoglie il più possibile lo sguardo, afferra una sigaretta e inizia a fumare, mette cioè in atto tutta una serie di comportamenti che la portano a mettersi in una posizione di chiusura, innalzando così un muro tra lei e il suo interlocutore. In questo caso le sue “non parole” possono essere fraintese e percepite come una punizione, un dispetto, chiudendo ogni possibilità di comunicare, di confrontarsi e quindi di crescere. Luna sentendosi aggredita, inconsapevolmente aggredisce a sua volta la persona che ha di fronte che vivrà questo momento con profonda frustrazione sentendosi impotente e minacciata. Tutto ciò può quindi solo alimentare fraintendimenti che possono andare ad ostacolare la relazione.

C’è un silenzio colmo di solitudine, un altro che ostacola la comunicazione, c’è un silenzio talmente assordante che blocca la fuori uscita delle parole. Ci sono silenzi che nutrono l’anima e altri invece che l’anima la “uccidono”. C’è chi ama stare in silenzio per poter riflettere e pensare e chi invece non riesce a stare senza parlare o senza sentire rumori.

C’è un silenzio che è rabbia e aggressività, in cui è difficile se non impossibile parlare, ma c’è anche un silenzio timido ed insicuro dove la difficoltà di esprimersi è legato a caratteristiche della propria personalità e dove le parole possono essere dette solo a chi se le merita. Infine, c’è un silenzio che è rispetto, come ad esempio nelle pratiche religiose o nella meditazione dove attraverso questo si impara prima a comunicare con se stessi e solo poi si impara a comunicare con l’altro.

Se è quindi vero che il silenzio può essere la più grande forma di introspezione dove poter “pensare i pensieri” è anche vero che non comunicare con le parole può essere in alcune situazioni anche molto pericoloso poiché influisce sulla chiarezza del rapporto e delle relazioni. Bisogna quindi imparare ad usare le parole per poter esprimere il proprio pensiero, ma cosa ancora più importante bisogna imparare ad usare il silenzio in modo produttivo e significativo al fine di favorire e non ostacolare la comunicazione.

Per approfondire

  • Achaan Sumedho (2008) Il suono del silenzio, Astrolabio Ubaldini
  • John Biguenet, (2017) Elogio del silenzio. Come sfuggire al rumore del mondo, Il saggiatore

Dott.ssa Serena Bernabè

Riceve su appuntamento a Roma
(+39) 349 2734192

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