Intervista al caregiver
La storia di S.N. a contatto con la demenza

I caregiver sono coloro che si prendono cura dei loro famigliari o di altre persone con problematiche che ne limitano parzialmente o completamente le capacità di autonomia, come ad esempio assistere un anziano con demenza. I caregiver spesso mettono da parte la propria vita trovandosi a dover rinunciare alle passioni, al lavoro, alle amicizie poiché il tempo richiesto dall’anziano con demenza assorbe intere giornate, non lasciando spazio per la cura di sé. Per questo motivo spesso si attivano in loro dinamiche emotive di ansia, paura, vergogna, accompagnate da forte stress che, prolungato nel tempo, può acuirsi con l’insorgere del senso di inefficacia, della tendenza all’isolamento e del peggioramento delle condizioni fisiche e cognitive, causando il cosiddetto “Burden del caregiver”.

S.D. è una caregiver che si occupa a tempo pieno di A.N., sua madre, una signora anziana di circa ottant’anni, con una diagnosi conclamata di demenza vascolare. E’ stata proposta la seguente intervista per esplorare sia le dinamiche che si sono innescate nella vita di S.D. a partire dalla notizia della malattia di A.N. sia i riscontri di S.D. circa il supporto che riceve da La cura del tempo.

I: Salve S.N., ci parli un po’ di lei.

S.N.: “Mi chiamo S.N., vivo con mia madre, affetta da demenza vascolare, ho lasciato il mio lavoro di oss per dedicarmi a tempo pieno a lei. Oltre al mio lavoro, ho accantonato anche i miei hobbies, ho completamente abbandonato la mia vita. Riesco a dedicarmi del tempo soltanto quando lei si addormenta. Quando posso la porto con me!”.

I: Come e quando è venuta a conoscenza della malattia di sua madre? Qual è stata la sua reazione?

S.N.: “Inizialmente ho notato che dimenticava le chiavi o lasciava il gas aperto. Per questo motivo ho deciso di rivolgermi ad uno specialista per capire se ci fosse qualcosa che non andava. L’esito dell’esame neurologico è stato la diagnosi di Demenza.

Come ho reagito?! Inizialmente non notavo molte differenze, solo col passare del tempo ho notato che mia madre si occupava sempre meno delle faccende domestiche e quindi mi sono resa conto effettivamente del decorso della malattia”.

I: Prima della malattia qual era il rapporto tra lei e sua madre?

S.N.:“Era bellissimo, è sempre stata una brava persona, molto sensibile. Mi dispiace per lei perchè adesso che potrebbe godersi la vita non può farlo a causa della malattia”.

I: In che modo e quanto pensa che la malattia di sua madre abbia cambiato le sue abitudini?

S.N.:“Le mie abitudini sono cambiate profondamente. Ad esempio prima avevo diversi hobby, andare al cinema e frequentare una scuola di ballo. Dopo la malattia di mia madre sono stata costretta ad abbandonare queste passioni poiché ero sola, non sapevo a chi poterla affidare durante quelle ore.”

I: Quali emozioni la malattia di sua madre suscita in lei? (Se suscita emozioni negative: in che modo riesce a gestirle?)

S.N.:“Emozioni…. Non saprei, più che altro provo gelosia nei confronti di chi ha una vita più semplice. Sento che la mia vita scorre troppo velocemente, spesso sono triste e pensando a tutto ciò mi viene da piangere”.

I: Sente di aver ricevuto il giusto sostegno dalle persone a lei vicine?

S.N.:“No! Sono sola ad occuparmi di lei, nonricevo alcun sostegno dalla mia famiglia (nb. Per famiglia intende gli altri figli di A.N.), neanche per poche ore. Vengono a farle visita una tantum”.

I: Quali preoccupazioni/aspettative ha circa il rapporto con sua madre e la sua malattia?

S.N.:“Ho paura che mamma possa subire gravi peggioramenti, non vorrei mai vederla allettata, inoltre mi spaventa il pensiero di non riuscire a sostenere economicamente i costi della malattia, qualora dovesse peggiorare”.

Durante l’intervista si è riscontrato anche un feedback positivo da parte di S.D. circa le attività di laboratorio di stimolazione cognitiva che La Cura Del Tempo ha messo a disposizione della madre. Le sono state rivolte alcune domande per capire se e in che modo il supporto alla madre ha apportato indirettamente dei vantaggi anche per se stessa.

I: Da quando sua madre svolge attività di stimolazione cognitiva in sede, ha notato cambiamenti? Se sì, quali e quanto ne è soddisfatta?

S.N.: “Da quando è cominciata la collaborazione con l’associazione, ho notato dei miglioramenti. Mia madre è meno aggressiva. Parla tanto ma credo che la malattia si sia stabilizzata. Sono soddisfatta del lavoro che fate con mia madre, infatti abbiamo avuto la possibilità di ridurre anche i farmaci che prende”.

I: Pensa di aver ricevuto anche lei dei benefici psicologici dalla collaborazione con la nostra associazione?

S.N.: “Si, riesco a prendermi cura di me, ad esempio quando mia madre è in associazione, riesco a fare lunghe passeggiate”.

I: Nota delle differenze rispetto allo stato d’animo di sua madre dopo i laboratori di stimolazione cognitiva, rispetto ai giorni in cui resta a casa?

S.N.: “Si, delle differenze nello stato d’animo di mia madre le percepisco nel lungo periodo, in generale”.

L’intervista si conclude con un’immagine che la caregiver rimanda circa il suo modo di rappresentarsi la malattia di A.N.: “Un sole che tramonta…”. L’immagine richiama il vissuto di S.N. rispetto a un graduale ma inevitabile declino e “spegnimento” dell’identità della madre. Il sole come rappresentazione di una coscienza che pian piano si accinge a spegnersi.

Dall’intervista con S.N. emerge dunque l’immagine di una donna forte, di una figlia molto legata alla madre il cui amore per quest’ultima la porta a ritrovarsi in una situazione più grande di lei, imprigionata in una realtà che ruota esclusivamente intorno ai bisogni di A.N. Viene fuori l’immagine di una caregiver che si occupa con tanta dedizione e premura di una madre imprigionata dalla demenza, di fronte alla quale è difficile farcela da soli. Infatti grazie a questa intervista è venuto fuori il bisogno di S.N. di sentirsi ascoltata, accolta e supportata!

Grazie alla sua disponibilità abbiamo colto l’occasione per farvi vedere come il ruolo del caregiver è difficile da sostenere, soprattutto quando ad essere vittima della malattia è un proprio familiare, di cui non si vuole accettare il tramonto!

In conclusione, da questa intervista è emerso che prendersi cura di qualcuno che non ha più la capacità di badare a se stesso completamente o parzialmente è un vero e proprio “lavoro” che porta necessariamente a mettere in secondo piano i propri bisogni per soddisfare le necessità dell’anziano con demenza. Spesso il caregiver è solo nella gestione del paziente,motivo per cui col tempo può manifestare una sintomatologia difficile da gestire.

A tal proposito è importante dar voce a questa figura che molto spesso non è ascoltata e vista dalla società né tantomeno riconosciuta dalle istituzioni, motivo per cui diventa ancora più forte dopo questa testimonianza l’esigenza di far vedere come è tanto evidente il bisogno di realizzare progetti o programmi di supporto che possano aiutare queste persone a riprendere in mano le redini della propria vita. Allo stesso tempo è importante però che ogni caregiver comprenda a fondo che annullarsi completamente per l’altro non fa altro che indebolire il proprio sé fisico e sociale, per cui bisogna sempre cercare di ritagliarsi uno spazio tutto per sé, ricordando che è necessario prendersi cura del proprio tempo sempre!

Articolo a cura della Dott.ssa Rosita Falce e del Dott. Carmine Salito,

Laureati in Psicologia Clinica e della Salute

rositafalce@gmail.com

carminesalito95@gmail.com

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