La mente e la sua duplice funzione. Evitare le emozioni, vivere le emozioni

“Spesso  le persone non hanno emozioni chiare, altro che idee.” (Diego De Silva)

Una delle nostre difficoltà è riuscire a vivere le emozioni tanto che spesso ci chiediamo se proviamo davvero quello che sentiamo o se le emozioni che proviamo siano vere. A volte ci chiediamo cosa stiamo provando esattamente, travolti da una complessità emotiva che non riusciamo a decodificare.

Non è facile capire cosa proviamo come non è semplice concedersi la libertà di vivere pienamente le emozioni che accadono senza che esse, non solo semplicemente esistano, ma abbiano la facoltà di essere vissute. Per tutta la nostra esistenza riconosciamo come forte il desiderio di vivere le nostre emozioni e spesso di essere addirittura travolti da esse ma passiamo la maggior parte del tempo a schermarci e difenderci quando abbiamo il sospetto che le emozioni possano essere troppo sconvenienti; così permettiamo il passaggio soltanto di alcune emozioni, una piccola parte di esse che può accedere alla nostra mente in modo tale che possiamo controllare quanto possiamo effettivamente essere travolti emotivamente; e il desiderio di vivere esperienze turbolenti può essere pura illusione.

In tal senso la nostra esperienza oscilla tra due poli comportamentali: viviamo le emozioni ed evitiamo le emozioni. La funzione della nostra mente, quando abbiamo sufficiente padronanza di essa, consiste nel decodificare le informazioni emotive (se lavora in salita) e permetterci di sentire le emozioni che hanno la libertà di accesso e di difenderci da esse (se lavora in discesa). Poi si torna di nuovo in salita quando la mente cerca di ricontattare quanto viene espulso e allontanato. Le nostre scelte di vita prendono forma da questa oscillazione: scelte amorose o scelte professionali possono provenire da ciò che sentiamo veramente come a volte sono la conseguenza di un bisogno di entrare in contatto con emozioni primitive che non hanno avuto la possibilità di accedere alla nostra mente quindi di essere vissute.

É un grande impegno vivere le emozioni e tanto tempo impieghiamo a disconnetterci dal mondo sensibile per ubbidire a facili distrazioni che ci allontanano da ciò che proviamo, dando la precedenza ad attività inutili e superficiali ma indispensabili a rendere la nostra esistenza sostenibile. Sono richiami alla nostra mente da cui il pensiero non può sottrarsi e ci abbandoniamo ad effimere distrazioni più o meno consapevolmente con l’illusione di rilassarci ma finiamo per essere più nevrotici, in una accettazione quasi passiva di cui abbiamo finto di non essere al corrente. Questo non significa che dobbiamo essere travolti dalle situazioni e metterci in situazione sbagliate per vivere e arrivare ad una maturità emotiva, ma capire che una continua ripetizione di esperienze tutte uguali è in realtà indice di un blocco emotivo e avere la consapevolezza che essere fermi non ci permette di metterci in discussione e di vivere la vita come vorremmo realmente.

La coazione a ripetere è un tentativo di difesa che ci mantiene in una posizione stagnante e che impedisce la trasformazione di noi stessi e di quello che potremmo e vorremo essere. Si ha una trasformazione nel momento in cui accade un rovesciamento della prospettiva: cambia il modo in cui guardiamo a noi stessi e alla nostra esperienza.

“Una falsa memoria sarebbe ogni cosa. Una negazione, il mio annientamento”. (Mogwai)

Le emozioni sono una realtà autentica che ci espone al pericolo di sentirci vulnerabili. Evitare le emozioni significa difenderci dalla vulnerabilità in modo tale che essa possa essere mascherata a noi stessi e agli altri con cui quotidianamente entriamo in relazione.

Così facendo ci difendiamo da tutte le emozioni, sia quelle negative che quelle positive; in assenza della scoperta delle nostre ferite e di quanto possiamo sentirci deboli, ci allontaniamo da mete sconosciute e dalle sensazioni più piacevoli nonché dal piacere di scoprirsi sempre diversi e in trasformazione. Mettersi in gioco significa giocare, appunto: giocare con noi stessi e con i diversi significati delle nostre esperienze di vita apparentemente impensabili e mai pensati prima.

Le emozioni sono qualcosa che per essere vissute necessitano di un lavorio a monte che presuppone l’integrità di alcuni apparati che le rendono assimilabili, contenibili e gestibili. Tenerci a distanza da esse ci permette di non essere investiti e non di perdere così la capacità di pensiero; di non rischiare di allontanarci dalla possibilità di essere perfetti o giusti perché le emozioni, se sono troppo forti, spesso posso inquinare l’idea che abbiamo di noi.

Abbiamo la possibilità di ricorrere a strumenti per pensare a quello che prima pensavamo che non fosse accessibile alla nostra mente, a ciò che era impensabile. Possiamo condividere con noi stessi fatti mentali che accadono da sempre ed imparare ad essere consapevoli di ciò che è accaduto e che continua ad accadere nella nostra mente e che influisce sulla nostra esistenza.

Possiamo avvicinarci alle nostre verità anche quando esse sembrano insopportabili e senza possibilità di essere tollerate, occasione che ci permette di fare esperienza del nostro funzionamento mentale, porta di accesso verso la tollerabilità del nostro sistema emotivo in modo tale che le emozioni possano spaventare di meno e vissute più intensamente. Un modo questo per possedere una mente in continua crescita e maturazione.

Il difficile compito della nostra specie è quello di dare un nome alle emozioni, saperle descrivere e metabolizzare, in modo tale che esse possano abitare stabilmente nel nostro mondo interno.

“La psicoanalisi è un tutt’uno con lo sviluppo del potenziale creativo dell’essere umano, che ha la sventura però di strutturare tutto il proprio funzionamento mentale rispetto alle esperienze di accoglimento o di rifiuto che ha vissuto nei primissimi tentativi di rapportarsi con l’altro”. (Wilfred Bion)

Take Me Somewhere Nice

Mogwai

Ghosts in the photograph
Never lie’d to me

I’d be all of that
I’d be all of that

A false memory
Would be everything
A denial my eliminent

What was that for? 
What was that for?

What would you do
If you saw spaceships
Over glasgow? 
Would you fear them?

Every aircraft
Every camera
Is a wish that
Wasn’t granted

What was that for? 
What was that for?

Try to be bad
Try to be bad

Dott.ssa Ilaria Pellegrini

Riceve su appuntamento a Roma e Pomezia(+39) 3897972535

Email: ilariapellegrini85@gmail.com

Per Approfondire:

“Evitare le emozioni, vivere le emozioni” (A. Ferro)

“Sono contrario alle emozioni” (D. De Silva)

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