Le logiche del Cineforum. Una creazione di gruppo

“C’è un porto cui tornare per fare rifornimento,

condividere il pescato, festeggiare la scoperta di una terra, 

l’avvistamento di una balena, riparare l’irruenza di una tempesta. 

E c’è una vela. Pronta per il nuovo vento.

Sia soffio o refolo, raffica o folata.

Prende il largo. Di nuovo. 

Lasciandosi alle spalle, una scia di 25 stelle” 

(Poesia scritta in occasione della festa della “Cooperativa Sociale l’Accoglienza)

Questa sera giovedì 24 maggio ricomincia il Cineforum organizzato dalla Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica dell’università Sapienza di Roma. Il tema di quest’anno è il desiderio. Siamo un gruppo di specializzandi che hanno deciso, seguendo una vecchia tradizione della nostra Scuola di Specializzazione, di parlare di alcune tematiche care alla psicologia clinica attraverso i film e cercando di creare un percorso. Lo scorso anno abbiamo deciso di aprire ad un pubblico più ampio gli eventi di Cineforum, utilizzando un’aula più capiente (l’aula 3 della facoltà di medicina e psicologia) ed utilizzando i social network per farci pubblicità.

L’argomento che abbiamo trattato lo scorso anno è stato l’Identità. Abbiamo provato a parlarne seguendo dei quesiti che si potrebbero riassumere in questo modo: esiste una definizione univoca di identità? Qual è il modo migliore per parlare di questo argomento senza fare accademia? Le risposte che abbiamo provato a dare sono state create facendo gruppo.

Voglio dire che facendo girare l’argomento tra di noi associando liberamente sul tema di fronte ad una splendida birra ghiacciata, abbiamo individuato dei film e sviluppato delle riflessioni su diversi aspetti del tema dell’identità. Siamo arrivati alla conclusione che non esisteva un modo migliore per parlare di identità se non lasciare, così come stavamo facendo noi, che le serate avessero una vita propria. In questo modo abbiamo pensato che si definissero da sole nella loro identità, come parti che unite alle altre serate componevano un tutto. L’idea è stata quella di proporre degli stimoli (una breve introduzione, il film stesso e con il grande aiuto che tutti gli ospiti ci hanno dato) e di lasciare che le serate prendessero una loro linea di sviluppo sperando che fossero il più possibile uniche. Il nostro obiettivo era quello di cercare di osservare quello che stava succedendo e di creare una riflessione che connettesse le serate, così come Pollicino con le sue molliche di pane.

Devo dire che è stato molto divertente e l’aula dell’università è stata sempre molto affollata.

Quest’anno ci siamo ritrovati in gruppo “amputati” di due partecipanti (che si sono specializzate) e una nuova recluta si è unita con entusiasmo. All’unanimità si è deciso di provare a parlare di desiderio e il quesito successivo su cui eravamo meno d’accordo è stato: “sì, ma come ne parliamo?”.

Inoltre, abbiamo riscontrato diversi problemi che abbiamo cercato di risolvere. Fin da subito ci siamo accorti che la nostra creatività era in qualche modo rallentata rispetto allo scorso anno e che l’immaginazione si confrontava con una sorta di blocco – non era del tutto spiegabile con il cambio dei membri del gruppo (anche se una elaborazione del lutto è stata necessaria per chi ci ha lasciato).

Ricordo i commenti che prevalentemente giravano nel gruppo e che possono essere riassunti con le seguenti affermazioni: “Forse l’argomento è troppo vasto”; “Ma in fondo che cos’è il desiderio? A me non viene nulla in mente; il desiderio può essere desiderio di cibo, di sesso, di lettura” e via con una lista infinita alla faccia del “non-mi-viene-in-mente-niente”.

Ecco, è tutto iniziato con la condivisione di queste affermazioni e la riflessione si è sviluppata a partire da tutti i dubbi che avevamo in testa e che, in qualche modo, dovevano avere a che fare con quello che per noi rappresenta “il desiderio”. Considerando che ci sembrava di non avere nulla in mente rispetto al concetto di desiderio (o forse troppe cose), abbiamo spinto ulteriormente la riflessione e siamo arrivati alla conclusione che la parola “desiderio” contiene in sé qualcosa di molto vasto (il desiderio è per sua natura infinito) che necessita di un processo di interpretazione.

In effetti, facendo riferimento all’etimologia della parola desiderio, di derivazione latina, è possibile osservare che è composta dal “de” che ha una valenza privativa e il termine sidus-sideris (pl. sidera), stella. Letteralmente: condizione in cui sono assenti le stelle. Dunque, letteralmente, la parola desiderio include sia la distanza da un oggetto (le stelle) sia la sua presenza, seppure negata, mancante.

Questa splendida parola fa venire in mente l’immagine di un navigatore dei tempi perduti, su di una barca in mezzo al mare e con le stelle uniche sue compagne per l’orientamento e la direzione verso qualcosa. Tuttavia, le stelle andavano interpretate: che stella è quella? Per non parlare delle costellazioni, forme arbitrarie composte da stelle elementari, che presentano una “buona forma”.

Il navigatore doveva collegare le singole stelle tra di loro e comporre una configurazione, imparava a chiamarle per nome. Questa interpretazione serviva non solo per raggiungere il posto sperato, ma anche per ritornare alla propria casa. Gli anziani saggi intorno al fuoco cantavano leggende, favole e miti tramandati per generazioni sulle stelle che indicano loro il cammino.

Eppure, in alcuni giorni questa conoscenza è del tutto inutile; le nuvole ad esempio possono nascondere il manto stellato e la via da esse tracciata. Il marinaio allora intraprende una strada con la speranza che qualcosa si possa accendere e che in qualche modo egli si possa ritrovare.

La parola desiderio sembra descrivere tutto questo: una lontananza primordiale, una distanza incolmabile; una bramosia che qualcosa avvenga in una condizione in cui le stelle ci mancano. “Mancare” non solo riferito a qualcosa che non c’è, ma anche in relazione alla nostalgia per qualcosa che è stato perso, che va ritrovato e che potremmo chiamare “casa”. In tal senso si potrebbe definire il desiderio nel seguente modo: “Colui che sotto le stelle da esse viene guidato”.

Il quesito a cui abbiamo cercato di dare una risposta è stato il seguente: come poter rappresentare il desiderio attraverso un percorso di 6 film e riflessioni, aiutati da alcuni ospiti?

Non siamo riusciti a trovare una risposta a questa domanda. Quello che siamo riusciti a fare è stato scegliere sei film che possano rappresentare al meglio il nostro sentire in relazione al desiderio e creare degli spazi sperando che dallo stare insieme possa emergere e definirsi qualche cosa. Questo è quello che desideriamo ardentemente.

Per questo motivo abbiamo scelto di intitolare il Cineforum: “I ritratti del desiderio”.

Il primo film che proietteremo sarà Ida (di P. Pawlikowski,2013) e gli ospiti che gentilmente ci daranno una mano con le riflessioni saranno la Dr.ssa Manuela Fraire (Psicoanalista, Membro Ordinario AFT SPI, Roma) e la Prof.ssa Anna Cotugno (Psicoterapeuta, Docente SSPC Sapienza). Durante questa serata introduttiva presenteremo il programma delle serate.

Vi aspettiamo numerosi e ci auguriamo che ci aiuterete a trovare delle risposte.

Dott. Leonardo Provini

Riceve su appuntamento a Roma (Zona San Giovanni)

(+39) 333 9560127 – leonardoprovini@libero.it

www.facebook.com/cineforumpsicologiaclinica/

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