Non dire NO!
Dire di no: l’esperienza genitoriale

“Se a un bambino si regala tutto, gli si sottrae ciò che è fondamentale:

il desiderio, ovvero il sentimento fondamentale per costruire una passione”

(Paolo Crepet)

Cari lettori, cari genitori … No! Quante volte avete detto No ai vostri figli? E come vi siete sentiti quando lo avete fatto? Noi ce lo siamo chiesto e abbiamo pensato di chiederlo anche a voi. Questo articolo, infatti, è dedicato a Voi, senza i quali sarebbe stato impossibile realizzarlo. Dire di No a un figlio significa essere necessariamente rigidi? O significa solamente mettere al riparo, al sicuro? Siete mamme o papà più o meno buoni e/o bravi se dite più o meno No? E quando se ne dicono troppi? E quando troppo pochi?? Beh di certo i No, hanno una loro utilità, nel senso pratico del voler agire un divieto per un qualche scopo. Grazie ad un’intervista alla quale, cari genitori, avete risposto con entusiasmo, abbiamo analizzato tra il Nord e il Sud Italia, che rapporto avete con i divieti diretti ai vostri figli e secondo voi che funzione hanno. All’intervista hanno risposto sia papà (28%) che mamme (72%). I dati dell’intervista riportano risposte dal Nord (34%), dal Centro (41%) e dal Sud Italia e Isole (24%), nei seguenti termini: fino ai 30 anni (9%), tra i 31 e 40 (39%), tra i 41 e i 60 (47%). I genitori che hanno risposto sono: in coppia (80%), single/separati o divorziati (18%), single/vedovi (2%). Beh! Rispetto ai primi risultati, non c’è da stupirsi! Sono proprio le mamme che sentono, in un’ottica protettiva, la responsabilità della sicurezza del proprio bambino, la maggior parte delle volte, sono loro, infatti, che per prime sentono di “dover proteggere a tutti i costi” il loro piccolo, che poi diventerà grande e che probabilmente, anzi sicuramente, di No ne riceverà ancora (seppur di diversa intensità e con un senso diverso). Secondo la letteratura il No, in età infantile, ha prettamente due funzioni: una protettiva ed una educativa. Con funzione protettiva s’intende quella funzione volta a voler proteggere il bambino dai pericoli a cui si espone non appena entra in contatto con l’ambiente circostante. Non essendo ancora capace di gestirsi autonomamente, il bambino (soprattutto in età prescolare), va continuamente incontro a dei rischi … Il rischio di farsi male, il rischio di fare male agli altri senza esserne consapevole, il rischio di soffrire e di far soffrire. Ma dove vanno a finire i No? Finiscono, dapprima, nelle mente del bambino, che li riceve sottoforma di punizione e di ricatto emotivo… “No, non lo fare, No, non ci andare, No, non lo dire, No, non pensarci nemmeno, No, non lo puoi avere … Altrimenti …”, poi finiscono nella mente dell’adolescente che nel ricevere un No sente di essere “messo alle strette” e di non essere capito: “No, mamma, te lo dico io No. Tu NO! Non mi capisci”, meccanismo che sembra compromettere e scalfire quel delirio di onnipotenza transitorio e funzionale che caratterizza la maggior parte degli adolescenti che li spinge a separarsi e ad individuarsi ulteriormente dalle figure di attaccamento, sulla base dei naturali bisogni di autonomia e di costruzione dell’autostima propri di questo periodo; e poi, ancora, finiscono nella mente dell’adulto e nello specifico all’interno di quei modelli operativi interni, ormai consolidati, che orientano il comportamento, strutturati anche sulla base dei No – ricevuti solo per essere protetti – per attraversare meglio il rischio. Mentre la funzione educativa è quella che “giustifica”, se così si può dire, la valenza della punizione, i genitori puniscono i figli perché non vogliono farli sbagliare, perché non vogliono che, loro, piccoli e “indifesi” facciano gli stessi sbagli … Che sarebbero così reiterati nel tempo e nello spazio, potremmo leggere questi No, quindi, anche in un’ottica di cambiamento e di trasformazione. I genitori dicono No per potenziare l’educazione dei figli nella misura in cui la presenza e la modalità dei divieti e delle punizioni si diversificano sulla base dell’età del figlio e sono influenzate dal temperamento di quest’ultimo (flemmatico, melanconico, collerico, sanguigno).

In quale fascia d’età di suo figlio pensa di aver detto più NO?

Periodo pre-scolare (fino a 5 anni) – 42,71%

Durante la scuola elementare (dai 6 ai 10 anni) – 30,21%

Pre-adolescenza (dagli 11 ai 13 anni) – 9,38%

Adolescenza (dai 14 ai 18 anni) – 15,63%

Età adulta (dai 18 anni in su) – 2,08%

Secondo lei, la punizione ha una funzione:

Prettamente punitiva – 17,00%

Educativa – 58,00%

Entrambe – 25,00%

E cosa provano le mamme e i papà quando dico No? Quali sentimenti emergono? Dire di No ai propri bimbi favorisce l’insorgenza di vissuti negativi?

Colpa e/o tristezza – 27,84%

Soddisfazione e/o appagamento – 3,09%

Ansia e/o depressione – 6,19%

Nessuno dei precedenti – 62,89%

La bassa percentuale, se pur presente, di sentimenti di colpa e/o tristezza (27%) indica, come, in effetti, la maggior parte dei genitori dica No perché reputa i divieti funzionali alla crescita:è come se lo dovessero fare e basta, perché va fatto, in ogni caso e comunque sia. A costo di mettere in discussione quella complicità relazionale che sul piano affettivo, i genitori sufficientemente buoni, cercano d’instaurare con la prole sin dall’infanzia. Studi scientifici, dimostrano come divieti e punizioni si dispieghino su due livelli: dapprima sulla base di un allontanamento genitore-figlio, causato da una collisione tra ciò che il genitore reputa giusto o sbagliato e ciò che il figlio pensa sia giusto o sbagliato, successivamente sulla base dell’accettazione da parte di entrambi. Ciò accade maggiormente, nelle prime tappe dello sviluppo quando, mai come allora, si percepisce netto il dislivello nella relazione madre-bambino, padre-bambino, dove uno è adulto e l’altro non lo è. Tale asimmetria appare però funzionale allo sviluppo del bambino e ai processi evolutivi che lo porteranno a diventare una Persona. La funzione positiva dei divieti e delle punizioni, mira quindi, non solo alla maturazione del bambino (proprio in termini di Persona con bisogni specifici e unici), ma verte anche allo sviluppo del senso morale e del senso etico del giovane, determinando in tal modo la nascita di quella “corazza” necessaria a non sviluppare disturbi comportamentali ed emotivi (disturbi della condotta, disturbi legati alla dis-regolazione emotiva, disturbi del controllo degli impulsi, disturbo antisociale di personalità). Sembra necessario, ad ogni modo, che premi e punizioni si equivalgano: uno stile educativo prevalentemente rigido e punitivo rischia di minare per sempre l’immagine positiva che il bambino sviluppa di sé e dei suoi genitori. Punizioni, divieti e premi, pertanto, se ben equilibrati, sono indispensabili per l’interiorizzazione di quelle norme e di quei valori di cui il bambino si servirà per costruire la sua identità sul piano sociale, cognitivo, emotivo, sessuale e lavorativo.

Pensa di essere un cattivo genitore ogni qual volta dice un NO a suo figlio?

Si – 1,00%

No – 80,00%

Dipende – 19,00%

E’ solito utilizzare la punizione quando suo figlio contravviene alla regola?

Si- 51,00%

No – 49,00%

Sulla base di ciò, sembra emergere, come il dir di No si giochi tutto su un equilibrio tra il controllo per evitare la perdita di qualcosa e quello di ottenerne un’altra. Alcuni studi in merito suggeriscono come i No caratterizzati da Assertività (la capacità di esprimere le proprie idee e sensazioni in modo trasparente ed efficace), siano di supporto all’educazione dei figli e alla loro capacità di tollerare la frustrazione di fronte a un rifiuto. E se su i “ No”, mamma e papà sono d’accordo, vi è la condivisione dei pensieri, che diventa inevitabilmente funzionale al legame di coppia. I partner che si ritrovano e ad essere d’accordo, infatti, su quanti e quali divieti impartire ai figli, sembrano avere buoni livelli di comunicazione e di coesione affettivo-sessuale; ciò rinforza quegli aspetti di co-costruzione del nucleo familiare, stabile nel tempo, e a cui i genitori tendenzialmente aspirano. Sarebbe opportuno, che ad ogni No detto seguisse una spiegazione: “Ti dico No, perché …”. Dare una spiegazione vuol dire fornire al bambino elementi per capire, vuol dire quindi, caricare i No di elementi significativi e non lasciarli “lì buttati a caso”. Come sostiene Vallières: “Le parole che usiamo, e il modo in cui le usiamo, sono fondamentali per creare relazioni costruttive con i nostri figli, fondate sul rispetto e non sulla critica. Se desideriamo essere buoni genitori dobbiamo perciò sviluppare un processo di comunicazione adeguato. Usando uno stile diretto e amichevole ”. Serve, una spiegazione alla domanda “Perché No? ”, affinché il No non venga percepito come un boomerang che immotivatamente colpisce e non si capisce. Spiegare, quindi per dare senso e significato alle azioni e ai pensieri, per avvicinare, per non perdere il contatto con il proprio figlio, per monitorare e non necessariamente per controllare. E se “spiegare a parole”, a volte è proprio difficile, allora, come faceva anche papà Sigmund, care mamme e papà, scrivete ai vostri figli, lettere che possano far capire il motivo del rifiuto e il vostro punto di vista (e se sono troppo piccoli per leggere, scrivete lo stesso, un giorno leggeranno, un giorno capiranno). Infine è stato dimostrato che per la salute psichica sia dei figli che dei genitori, dire No e poi spiegare il motivo del rifiuto risulta decisamente più funzionale delle punizioni corporali che non hanno alcun fine. Quanti No detti o non detti … Di cui ci si pente … O di cui ci si pente per non averli detti … Fa male dire di No? Fa più male ricevere un No?

“Il genitore è colui che può trasformare concretamente i desideri del bambino in realtà, a partire dalle piccole cose, è quindi depositario di un grandissimo potere, che deve essere utilizzato in favore del bambino in modo produttivo ed intelligente”

www.pianetamamma.it/la-famiglia/educazione-dire-no

Ai miei genitori: grazie per i No, per la fatica, per l’amore


Si ringraziano la dottoressa Giulia Radi e il dottore Dario Maggipinto per la collaborazione e il supporto (da sempre)

Dott.ssa Gabriella Papadia

gabriellapapadia@gmail.com

Per Approfondire:

Ammaniti, M. (2015). Crescere con i figli. Edizioni Mondadori.

Juul, J. (2013). I no per amare: comunicare in modo chiaro ed efficace per crescere figli forti e sicuri di sé. Feltrinelli Editore.

Pazzagli, A. (2015). “Intanto rimaniamo uniti”. Sigmund Freud: lettere ai figli. Psicoanalisi.

Rogers, C. R. (1963). Toward a science of the person. Journal of Humanistic Psychology.

Rogge, J. U. (2010). Quando dire no. Perché i bambini hanno bisogno di limiti. Il Saggiatore.

Stern, D. N. (2000). The interpersonal world of the infant a view from psychoanalysis and developmental psychology: A view from psychoanalysis and developmental psychology. Basic books.

Vallières, S. (2010). L’arte di comunicare con i bambini. Tutte le frasi ei comportamenti che funzionano davvero!. Red Edizioni, Milano.

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