Psicologia in Musica. Minuetto di Mia Martini

Minuetto è una canzone scritta da Franco Califano e interpretato da Mia Martini, racconta e descrive lo sfogo e il dolore di una donna innamorata di un uomo con il quale instaura una relazione di dipendenza affettiva. Ha rivolto le sue attenzioni nei confronti dell’uomo “sbagliato”, con lui ha potuto sperimentare sentimenti di frustrazione, solitudine e sofferenza e più volte ha messo in discussione se stessa e il proprio pensiero. Si è rivelato uno dei più grandi successi dell’estate del 1973. Sono trascorsi più di quaranta anni e ancora oggi la canzone è conosciuta e continua ad essere canticchiata da molti di noi, probabilmente perché tocca delle note della vita importanti e sempre attuali. Chissà quante donne si sono sentite e continuano a rispecchiarsi in queste parole. Califano ha “cucito” addosso a Mia Martini il testo della canzone, ha affidato a lei l’interpretazione certo della sua impeccabile interpretazione. La musica di Bembo parte da una rivisitazione moderna di un minuetto (antico ballo francese), trasformandosi poi in una ballata più lenta e malinconica che accompagna le strofe in un altalena di emozioni portando a una rinascita o una chiave di svolta, per questa donna che ammette di aver “elemosinato amore” perché ignara del vero significato dell’amore.

“E’ un’incognita ogni sera mia…

Un’attesa, pari a un’agonia. Troppe volte vorrei dirti: no!

E poi ti vedo e tanta forza non ce l’ho!

Il mio cuore si ribella a te, ma il mio corpo no!

Le mani tue, strumenti su di me

Che dirigi da maestro esperto quale sei…”

Il susseguirsi di queste parole descrivono come una donna può sentirsi nell’attesa che il proprio uomo torni a casa. La dipendenza affettiva che lega due persone, è caratterizzata da sentimenti contrastanti di amore e odio, proprio come viene perfettamente descritto in questo primo verso, spesso c’è la voglia di ribellarsi e di opporsi all’altro, ma poi basta uno sguardo, una parola o un gesto per far crollare quel desiderio di “libertà”. Le donne che hanno vissuto questo tipo di esperienze, raccontano di essersi perdutamente innamorate di uomini che con il tempo si sono rivelati ambigui e sfuggenti; credono nell’amore, pensano di aver incontrato il principe azzurro, proprio come quello delle favole e vivono nell’illusione di averlo trovato. L’uomo descritto nel testo è manipolativo: “le mani tue strumenti su di me”, ha il potere di influenzare e condizionare i comportamenti della sua donna che continua a vivere la relazione in modo passivo.

“E vieni a casa mia, quando vuoi, nelle notti più che mai

dormi qui, te ne vai, sono sempre fatti tuoi.

Tanto sai che quassù male che ti vada avrai

tutta me, se ti andrà per una notte…

… E cresce sempre più la solitudine

Nei grandi vuoti che mi lasci tu!”

Le giornate si susseguono nell’attesa dell’altro, come se i bisogni del partener fossero più importanti dei propri. L’altro viene prima di tutto, prima anche della propria felicità e la donna in poco tempo si ritrova a vivere forti sentimenti di solitudine e dolore. Mettendosi in contatto con se stessa sente di essere usata, sfruttata e svuotata da quella forza che dovrebbe spingerla a reagire. Si parla di un vuoto, un vuoto interiore che porta a non sentire e non vedere il male e il dolore che l’altro sta facendo, questo condiziona il modo di agire rendendo la donna disponibile e al servizio dell’altro che si sente legittimato e autorizzato a fare quello che vuole.

“Rinnegare una passione no

ma non posso dirti sempre sì e sentirmi piccola così

tutte le volte che mi trovo qui di fronte a te.

Troppo cara la felicità per la mia ingenuità.

Continuo ad aspettarti nelle sere per elemosinare amore…”

Eppure ci sono dei momenti nei quali la donna prova a reagire, accorgendosi che quella relazione non sana e distruttiva la sta portando all’infelicità, ma la complessità dei meccanismi psicologici che risiedono in questa forma di dipendenza (per un approfondimento si rimanda all’articolo “Dipendenze Affettive, Né con te né senza di te”), la costringono a rimanere in quella relazione nella speranza di vedere il proprio uomo cambiato e pronto a donare amore.  La dipendenza affettiva è una vera e propria patologia che con il tempo può portare gravi conseguenze come depressione, disturbi alimentari, del sonno ecc. C’è una totale assenza di reciprocità, uno dei due partner riveste nell’altro tutte le proprie attenzioni ed energie, è quindi un amore a senso unico.

“Sono sempre tua, quando vuoi, nelle notti più che mai

dormi qui, te ne vai, sono sempre fatti tuoi.

Tanto sai che quassù male che ti vada avrai

tutta me, se ti andrà, per una notte… sono tua…

… la notte a casa mia, sono tua, sono mille volte tua…”

In queste parole si legge quanto la donna può sentirsi sottomessa e inerme di fronte al proprio uomo, è a tutti gli effetti una vittima pur agendo con consapevolezza alle azioni di lui. Decide di prestare il proprio corpo sempre con l’illusione di sentirsi amata e appagata. La scarsa autostima, che si trova alla base della dipendenza affettiva, porta la donna dipendente ad avere comportamenti protettivi nei confronti del partner, soffocando e non ascoltando i desideri e le proprie emozioni soprattutto nei momenti in cui si prova rabbia, angoscia e paura.

“E la vita sta passando su noi, di orizzonti non ne vedo mai!

Ne approfitta il tempo e ruba come hai fatto tu

il resto di una gioventù che ormai non ho più…

E continuo sulla stessa via, sempre ubriaca di malinconia

ora ammetto che la colpa forse è solo mia

avrei dovuto perderti, invece ti ho cercato.

Minuetto suona per noi, la mia mente non si ferma mai.

Io non so l’amore vero che sorriso ha…

Pensieri vanno e vengono, la vita è così…”

La musica torna lenta quasi a voler scandire in modo ritmico il pensiero nascosto dietro queste parole. C’è un momento in cui, guardandosi indietro, è possibile accorgersi che probabilmente questo rapporto di dipendenza è stato vissuto in due, dove la responsabilità risiede da ambo le parti; è vero che il comportamento di lui è stato meschino rubandogli la sua gioventù, ma è anche vero che lei ha scelto di rimanere in quel rapporto, c’è stata la possibilità di “perderlo”, ma lei ha deciso di continuare a “cercarlo”. Difficile è definire e conoscere l’amore vero, probabilmente perché quello che accomuna le donne incastrate in questa forme di dipendenza, è un infanzia difficile, caratterizzata da sofferenze, sono sempre state vittime di relazioni di dipendenza patologica, prima con il proprio cargiver e poi con il proprio partner, non hanno quindi mai sentito di meritare l’amore vero. L’ultima strofa ne è la dimostrazione, dopo aver accennato a una maggiore presa di coscienza della propria situazione, Mia Martini decide di concludere con “Pensieri vanno e vengono, la vita è così”, come per ammettere a se stessa di non conoscere altra realtà al di fuori di quella che sta vivendo e che ha sempre vissuto.


Dott.ssa Serena Bernabè

Riceve su appuntamento a Roma
(+39) 349 2734192

Per Approfondire:

Robin Norwood, Donne che amano troppo, Feltrinelli, 2013

Enrico Maria Secci, I narcisi e le unioni impossibili. Sopravvivere alla dipendenza affettiva e ritrovare se stessi, Youcanprint, 2014

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