The visit. “You have to laugh to keep the deep darkies in the cave.”

the visit – 2015 Blinding Edge Pictures, Blumhouse Productions, distribuzione Universal Pictures
Image courtesy of Universal Pictures

Becca e Tyler sono fratelli, lei è un’adolescente, lui ha appena otto anni. Lei ha la passione della regia, lui vuole fare il rapper. Lei non si guarda mai nello specchio, neanche quando si lava i denti; lui ha la fobia dei germi, da quando il padre li ha abbandonati per andare a vivere a Los Angeles. La madre si sta costruendo una nuova vita, con un nuovo compagno e dopo quindici anni sta tentando di riallacciare i rapporti con i proprio genitori, interrotti quando aveva deciso di sposare l’uomo che ora l’ha lasciata per una ragazza conosciuta in uno Starbucks e che loro non hanno mai accettato.  Per una settimana i due fratelli andranno a stare dai nonni che non hanno mai conosciuto, a Masonville, una sperduta comunità agricola in Pennsylvania. Sarà una settimana di puro divertimento, l’unica regola è non uscire dalla propria stanza dopo le nove e trenta. Per Becca è l’occasione perfetta per girare un documentario sulla sua famiglia d’origine, peccato non sappia di star girando un film horror.

La nuova pellicola di M. Night Shyamalan ha il sapore del ritorno alle origini. “The sixt sense”, il capolavoro che ha attirato su di lui l’attenzione di pubblico e critica in tutto il mondo, ormai è lontano quindici anni (un caso?) e le sue ultime, costose, fatiche cinematografiche sono state dei fallimenti commerciali e stilistici. In molti lo davano ormai per perso, preso da storie sentimentali raccontate ai margini di apocalisse futuristici in mondi in cui le piante tentano di liberarsi della razza umana e gli esseri umani hanno perso la capacità di provare sentimenti.

Le atmosfere soprannaturali e il mistero non sono affatto nuovi per il regista, che ci ha dimostrato in più occasioni la sua abilità nel raccontare un mondo fatto di ombre e sussurri, sullo sfondo del quale si dipanano le tragedie quotidiane dei suoi personaggi. Spesso nelle sue storie la trama e il genere sono soltanto espedienti per raccontare drammi umani fatti di lutti, separazioni e abbandoni. “The Visit” si situa in un sentiero familiare per il regista di origini indiane, tra rimandi velati a “The Shining” e un impianto registico ormai colonizzato dallo stile forzatamente amatoriale proprio della saga “Paranormal activity”, dai cui produttori il film è parzialmente finanziato. Anche in questo caso l’horror è solo un pretesto per raccontare la disgregazione familiare dovuta al segreto. Il segreto familiare è definito da Serge Tisseron , psicoanalista francese, in base a tre criteri che lo distinguono da un segreto comune: il contenuto riguarda ciò di cui non si parla, il contenuto riguarda ciò che è vietato conoscere e, infine, il contenuto riguarda ciò che fa soffrire le persone che detengono il segreto. Un segreto che riguarda eventi di vita che le persone non si sentono libere di raccontare a causa del giudizio e dello stigma sociale che ne deriva, o che credono potrebbe derivarne, e che secondo importanti studi (Major &Gramzow, 1999) mutano nel tempo in base ai mutamenti culturali e sociali. Aborti, illegittimità dei figli, abusi, incesti, suicidi tentati e riusciti sono spesso i segreti che vengono celati strenuamente da alcune famiglie, e come sottolineato da Mara Selvini Palazzoli, sono in genere tenuti celati proprio  a coloro che nella famiglia manifestano sintomi nevrotici o psicotici, e che l’Autrice faceva rientrare nei fattori di rischio familiare per quanto riguarda lo sviluppo di gravi disturbi mentali. 

Paradossalmente, il tentativo di tenere segreta un’informazione appresa è direttamente collegato con l’emergere di pensieri intrusivi nella mente della persona coinvolta, e rende di fatto più accessibile alla memoria l’informazione stessa, spingendo l’individuo in una spirale di intrusività e ossessività del pensiero (Lane &Wegner, 1995). Il segreto familiare rivelato, come il rimosso, ha il potere di rendere perturbante il reale, di colorare di tinte inquietanti il mondo di tutti i giorni e popolare di fantasmi le nostre vite ordinarie. Secondo Freud, quando ciò che doveva essere tenuto nascosto e segreto affiora, il nostro mondo interiore subisce una scossa e ciò che fino a quel momento ci risultava familiare diviene insolito. La ricetta di molti horror di successo è proprio questa, come ci insegna in primis David Lynch (Strade perdute; Mullolland drive), raccontarci qualcosa che conosciamo perfettamente, come una foto di famiglia appesa alla parete del soggiorno, e che improvvisamente rivela al nostro sguardo un dettaglio che non dovrebbe essere lì, eppure lo possiamo vedere, ed è il segno tangibile ed innegabile di una verità che è destinata a sconvolgere il nostro equilibrio mentale e noi stessi.

Cosa fareste voi al posto di Becca e Tyler? Cerchereste di scoprire la verità sui nonni? Osereste disobbedirgli come i bambini delle favole dei Grimm, uscendo dalla vostra stanza dopo le nove e trenta?  

Dott.ssa Valeria Colasanti

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colasantivalaria@gmail.com

Per approfondire:

Paure e speranze dell’uomo contemporaneo, a cura di D. Nano, Franco Angeli ed. 2013

Berger, R., & Paul, M.(2008). Family Secrets and Family Functioning: The Case of Donor Assistance. Family Process, Vol. 47, No. 4, 2008

Lane, D.J., & Wegner, D.M. (1995). The cognitive consequences of secrecy. Journal of Personality and Social Psychology, 69,2, 237-253.

Major, B., & Gramzow, H.R. (1999). Abortion and Stigma: Cognitive and emotional implications of concealement. Journal of Personality and Social Psychology, 77,4,735-745.

Tisseron, S. (2008). Toujours le secret suinte…Enfance & Psy, 39, 88-96.

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