Un caso di carcinofobia. L’attualità dell’ipocondria

La paziente D.M. ha 32 anni e mi è stata inviata dal suo medico di base. Ve la porto come esempio di quello che, a mio parere, è un disturbo molto frequente nel panorama più vasto dell’ipocondria, o come è stata rinominata nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali giunto alla sua V edizione (DSM V), il Disturbo d’Ansia di malattia. La carcinofobia o la cancerofobia è una paura ossessiva di ammalarsi di cancro. La prima volta che sono stato contattato telefonicamente dalla paziente è stato il 3 dicembre dello scorso anno.

Lei piangeva disperatamente. Mi comunicò il timore di avere un cancro al colon, insorto subito dopo che al padre era stato scoperto un nodulo alla gola il quale però, in seguito ad analisi più approfondite, era risultato essere benigno. Pensai allora che la paziente possedesse buone capacità di autoanalisi considerando che era riuscita, in modo autonomo, a collegare i due eventi.

La telefonata durò più o meno un quarto d’ora e D.M. mi raccontò che da quando aveva sviluppato questa convinzione, ogni volta che andava al bagno, non poteva fare a meno di controllare le proprie feci per verificare se vi fossero tracce di sangue. Mi disse inoltre che doveva esserci per forza qualcosa di malato in lei, perché effettivamente percepiva delle fitte fortissime a livello addominale. Sebbene tutte le analisi prescritte dal suo medico non riportassero nulla di significativo, e anche se tutti cercassero di farla ragionare sull’inconsistenza delle sue paure, lei non trovava pace. Al telefono spiegai alla paziente che ero convinto che lei sentisse davvero quei dolori addominali e che non credevo che fossero solo nella sua testa. Ma così come nel caso di una forte ansia o di un attacco di panico possono essere percepiti realmente dei forti dolori al petto, così anche nel suo caso quei dolori potevano essere causati dalla somatizzazione di un malessere mentale. Le dissi che lavoro al policlinico Gemelli dove ho a che fare spesso con pazienti oncologici e i loro familiari e frequentemente accade che quando qualcuno vicino a noi scopre di avere questo male, o nel suo caso che vi sia il sospetto che ce l’abbia, il parente subisce un contraccolpo psicologico da non sottovalutare. A Queste parole la paziente smise di piangere e placò la sua ansia, questo perché aveva bisogno di una spiegazione emotiva piuttosto che razionale.

L’ansia in quanto emozione non può essere razionalizzata, ma solamente capita perché la si possa gestire. Avere paura di essere affetti da malattie senza che vi siano evidenze empiriche è una forma d’ansia e di conseguenza è necessario ricercare l’origine dell’angoscia piuttosto che persistere nel dimostrarne l’irrazionalità. Le possibili cause di un esordio ipocondriaco, come ben spiegato in un precedente articolo “Ipocondria- silenzi del corpo, rumori dell’anima” (nella rivista del mese di marzo 2015), possono essere molteplici e non necessariamente vicine temporalmente al manifestarsi delle ansie. Queste paure possono riguardare qualsiasi tipo di malattia, oppure come in questo caso, focalizzate su una specifica patologia. È altamente probabile che dietro quest’ ultima vi sia uno o più lutti non risolti, mai elaborati. Sebbene chiunque di noi può essere più o meno spaventato di fronte ad una grave malattia come il tumore, le persone carcinofobiche ne sono ossessionate. Tra chi è affetto da tale disturbo vi sono pazienti che fanno check up spesso passando la propria vita tra esami clinici e consulti medici e chi vive costantemente nella convinzione di essere malato, ma preferisce non sapere, in parte per paura e in parte perché ha bisogno di mantenersi nell’incertezza. Si può fare anche un’ulteriore distinzione tra chi ha paura della malattia perché l’ha vissuta, è ormai guarito ma teme che ritorni e chi, invece, non l’ha mai avuta. Nel primo caso lo stravolgimento della propria vita alla notizia di essere affetto da tale malattia e di tutto quello che ne è conseguito, ha messo in moto un meccanismo dal quale è difficile uscire, anche quando fisicamente si è fuori pericolo di vita. Il secondo caso invece è quello della paziente D.M. Andando a scavare nel suo passato è emerso il lutto di una zia a lei molto vicina e sorella della madre. La zia della paziente è deceduta proprio per un tumore al colon, quando quest’ultima aveva sette anni. La donna spesso accompagnava la madre al capezzale della malata, assorbendo molto di più di quanto allora potesse comprendere data la sua tenera età. La notizia che il padre potesse essere malato, come aveva intuito subito la paziente, è paragonabile all’esplosione di una bomba, sepolta da 25 anni. Ormai sono due mesi e mezzo che vedo D.M. e lei non ha più quel comportamento compulsivo di controllare le sue feci alla ricerca di sangue e le fitte addominali, anche se vanno e vengono, non sono più frequenti e forti come prima, ma soprattutto, è riuscita a capire che è tutta una sua paura. Con questo non intendo che il lavoro sia finito, così come non intendo spiegare questo genere di disturbi solo attraverso l’elaborazione di lutti irrisolti, ma sicuramente i primi miglioramenti della paziente in questione sono avvenuti dopo la seduta in cui abbiamo parlato della zia.

Dott.Andrea Rossetti

Riceve su appuntamento a Roma e Villanova di Guidonia
(+39) 33896016677

Per Approfondire:

De Lacoste G.D. (2009) “L’ipocondriaco” Roma: Castelvecchi ed. 

Molière, “Il malato immaginario”, Ed. Garzanti, 2011    

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