Viva la rabbia. Sabotatrice o … Motore?

L’immaginario comune associato alla rabbia è ricco di significati negativi. Quest’emozione viene spesso collegata alla sua espressione comportamentale più diffusa o che in generale desta più scalpore, assumendo le forme dell’aggressione e della violenza. Quando la rabbia prende queste forme “perdiamo la testa”, agiamo in maniera istintiva, e sollecitiamo una parte di noi più viscerale, avvicinandoci nelle sembianze e nei comportamenti al mondo animale. Prima di essere rappresentata con l’omino rosso col fumo che esce dalle orecchie del film d’animazione “Inside out” della Pixar, nei convegni e nei training sulle emozioni la rabbia veniva rappresentata con la celebre foto dell’uomo che spalanca le fauci assomigliando al leone che aggredisce la preda. Infatti la rabbia è un’emozione che ci prepara all’attacco, per difendere il proprio territorio (ad esempio, la nostra autostima), perché ci sentiamo minacciati, o ancora perché i nostri bisogni sono stati frustrati. Si potrebbe quindi dire che rabbia è un’emozione che ci porta all’autotutela.

​Ma prima di procedere oltre, una breve ricapitolazione per contestualizzare il tema delle emozioni. Le emozioni sono attivazioni fisiologiche che ci attraversano e nell’immediato si manifestano con il linguaggio non verbale.​

Avete mai notato un’impercettibile cambio d’espressione nel volto di una persona che ha sperimentato un evento imprevisto ma si è voluta subito ricomporre cercando di celare la scossa emotiva? In questo caso l’attivazione fisiologica della persona non corrisponde alla valutazione cognitiva e quindi alla scelta di risposta comportamentale all’evento. La persona, quindi, sceglie di “orientare” la sua risposta comportamentale secondo il proprio volere, dissimulando davanti all’altro non attento che leggerà soltanto la risposta “scelta”.

Questo ci suggerisce che un’emozione può essere scomposta in una parte istintuale, automatica (l’emozione vera e propria caratterizzata dall’attivazione fisiologica) e una parte più pensata, pilotata (la risposta comportamentale all’emozione). Ovviamente, è questa seconda parte a distinguerci dal mondo animale.

Ecco che quindi l’espressione della rabbia incontrollata e distruttiva di cui sopra non rappresenta più l’unica possibilità di espressione della stessa.

Esiste infatti una “rabbia buona”, una rabbia che ci porta alla difesa della nostra autostima in senso costruttivo e non distruttivo. È la rabbia che prende la forma della grinta e della determinazione, quella rabbia che spinge i bambini e le bambine a camminare. Tutte le volte che un bambino o una bambina fa le cose per la prima volta, sperimenta una frustrazione legata all’inesperienza, al non sapere come si fa. La frustrazione potrebbe portare il/la bambino/a ad arrendersi e smettere di provare. Oppure potrebbe fungere da motore per riprovare e, dopo una serie di tentativi, finalmente riuscire.

Questo semplice meccanismo e le diverse tipologie di risposta possibili sono influenzate dall’attaccamento del/la bambino/a agli adulti di riferimento.

Se l’adulto di riferimento non tollera la frustrazione del/la bambino/a, potrebbe intervenire, sostituendosi quindi a lui/lei. Questo meccanismo, stabile e ripetuto nel tempo, potrebbe portare il/la bambino/a a sviluppare una dipendenza nei confronti delle persone circostanti.

Se l’adulto di riferimento è disinteressato al/la bambino/a, lui/lei tenderà nel tempo a mettere in atto una dinamica di rinuncia davanti alle difficoltà, buttandosi giù.

Se invece l’adulto di riferimento è presente ma non si sostituisce al/la bambino/a davanti alla frustrazione, anzi lo/a incoraggia a credere nella propria capacità di riuscita, il/la bambino/a saprà trasformare quella frustrazione in una determinazione che porta al successo.

Per dovere di cronaca, parlo di bambini/e perché tutto sarebbe più semplice se vivessimo nel contesto infantile ideale e ci venisse fornito tutto lo strumentario di esperienze e competenze necessarie alla crescita, o meglio alla vita. Sappiamo però di non vivere in un contesto favolistico e di confrontarci tutti e tutte con esperienze incomplete e imperfette (per fortuna, aggiungerei). Tutti/e noi manchiamo di qualcosa di importante se non fondamentale alla crescita. Trovo indispensabile qui chiarire che la situazione da cui partiamo non necessariamente deve essere anche la situazione cui arriviamo, che nessuno/a di noi è predestinato/a e che la nostra esistenza può essere presa in mano e direzionata volontariamente dove vogliamo che vada. Ci vuole “soltanto” un gran coraggio nel guardarsi dentro, una grande umiltà nel riconoscere le nostre imperfezioni e quelle di chi ci ha cresciuto (senza colpe e giudizi, ma con consapevolezza) e una grande determinazione nel cambiare e disponibilità di faticare per arrivare a questo.

Una volta conclusa questa premessa, possiamo tornare alla nostra “rabbia buona”. La rabbia è necessaria nella nostra vita, è un’emozione che ci porta all’azione, alla propulsione. Se siamo sufficientemente capaci di lavorare sul filtro tra istinto e azione, cercando quindi di orientare quest’ultima, da bravi non-animali quali siamo, abbiamo trovato la chiave per avere un serbatoio potentissimo di energie per andare nella direzione in cui vogliamo andare.

È un po’ come avere una tanica di benzina tra le mani: se la rovescio sulla mia macchina, potrei darle fuoco e distruggerla; se la inserisco nel serbatoio, posso andarci al mare.

Dott.a Giulia Radi

Ph.D. Psicologa e Psicoterapeuta a Perugia e Roma

giulia.radi@hotmail.it

+39 3495887485

Per Approfondire

  • Bateman A., Fonagy P. (2006) Il trattamento basato sulla mentalizzazione. Raffaello Cortina Editore
     
  • Gitaldi T. (2020) Mindfulness e Psicoterapia. Il Mulino Editore
     
  • Poli, E.F. (2019) Le emozioni che curano

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