Anoressia. Tra narcisismo e conflitti interiori

Maria è una ragazza di 16 anni, frequenta un prestigioso liceo, i voti sono alti, pretende molto da se stessa, in realtà non le piace studiare, ma il possibile fallimento le procura un’ansia incontrollabile che la spinge a fare sempre di più. Quando finisce la scuola viene accompagnata, spesso, dalla madre a fare danza classica, apparentemente molto amata da Maria, ma in realtà con delle regole così “rigide” per la sua mentalità, che è costretta a vivere una vita che non gli appartiene fino in fondo. Ed è proprio nella palestra dove pratica danza, che Maria trascorre la maggior parte del suo tempo: si allena con costanza quasi ogni giorno, è uno sport affascinante, ma la costringe ad un alimentazione povera, molti cibi non sono permessi e il controllo della fame è fondamentale per mantenere la forma. Non ha molti amici, al di fuori di una o due compagne di classe che conosce da parecchi anni, non frequenta praticamente nessuno: ogni relazione apparentemente amicale si trasforma in competizione, ha enormi difficoltà nel fidarsi sia degli adulti che dei coetanei. 

Maria è di corporatura esile, non è troppo alta, le piace vestirsi con tute larghe, ha un viso molto grazioso, ma non lo valorizza come potrebbe: non ama truccarsi né prendersi cura di sé.

E’ figlia unica, il padre ha un buon lavoro che lo porta fuori casa per molto tempo, la madre, casalinga, si dedica per la maggior parte della giornata a lei, l’accompagna a scuola, la va a riprendere per portarla a danza, dove si ferma a parlare con le altre mamme vantandosi della bravura della sua ragazza, per poi riportarla a casa. Ne cura l’alimentazione e controlla che non ingrassi, altrimenti non potrebbe partecipare alle audizioni per entrare a far parte di un noto balletto. Da qualche mese inoltre Maria non ha più il ciclo, già molto irregolare, ma troppa è la vergogna per poterne parlare con qualcuno. Sembra che nessuno si accorga del malessere di cui soffre, eppure agli occhi esterni il suo corpo parla da solo e racconta di una enorme sofferenza psichica e fisica.

Maria infatti soffre di anoressia, patologia purtroppo molto comune a tante adolescenti, appartenente alla più ampia categoria dei disturbi alimentari. Termine ormai molto utilizzato nel gergo comune, ma il cui significato non è ancora adeguatamente conosciuto.

Quando si parla di anoressia non ci si riferisce semplicemente a una magrezza visibile a tutti, i parametri riconosciuti e citati nel DSM-V sono ben precisi, mi limiterò ad elencarli: 1) peso corporeo inferiore all’85%di quello appropriato per altezza ed età, per bambini e adolescenti, oppure BMI inferiore a 19, per adulti; 2) amenorrea dopo il primo menarca, per almeno tre mesi; 3) rifiuto di mantenere un peso adeguato e preoccupazione eccessiva di ingrassare; 4) autostima dipendente dalla forma fisica.

Numerosi sono i fattori di rischio coinvolti come ad esempio gli ideali di bellezza condivisi dai mass-media: il corpo che cambia e si modifica, le forme che con l’adolescenza iniziano a notarsi, possono allontanare dal modello condiviso socialmente. Camminando per strada, sfogliando un giornale, guardando la televisione, andando a fare shopping, possiamo notare come, sempre più di frequente, il modello che ci viene “imposto” dalla società è quello di ragazze molto, troppo magre, che vivono la loro vita in un corpo malato e sofferente: ragazze che soffrono di anoressia che da molti studiosi viene meglio definita disturbo etnico e che vede coinvolte giovani donne in forte conflitto con la femminilità della propria cultura. Anche il gruppo dei pari, il confronto con i coetanei, può influire negativamente accentuando e amplificando l’ideale socialmente condiviso di magrezza.

Le ragazze anoressiche, proprio come Maria, sono note per aver vissuto un’infanzia praticamente perfetta: bravissime a scuola, obbedienti in famiglia, ottime atlete, critiche solo nei propri confronti e mai nei confronti degli altri: questa continua ricerca di un apparente perfezione le spingerà a trasformare i propri pregi e le virtù, in vere e proprie ossessioni che controllano la mente e i fisiologici bisogni.

Studi recenti hanno provato a descrivere le famiglie, i risultati mostrano come un ruolo molto importante sia giocato dalle madri: donne fragili, con scarsa autostima e che proiettano sulla figlia quello che è il loro modello femminile di valore. La famiglia può contribuire quindi ad aggravare i sintomi delle ragazze preoccupate per il proprio aspetto fisico, soprattutto per il peso, attraverso la condivisione di comportamenti alimentari disfunzionali.

Adolescenza- Edvard Munch 

Anche l’aggressività gioca un ruolo importante per queste ragazze, che non sono libere di esprimerla naturalmente, perché sentono di non poter essere contenute adeguatamente dai propri genitori, in questo modo l’aggressività non verrà elaborata e verrà anzi resa non elaborabile. 

Il narcisismo sembra essere alla base di questa patologia, caratterizza tanto la famiglia in generale quanto la ragazza che, con il manifestarsi dei primi sintomi, diverrà portatrice del disturbo. Per evitare i conflitti, l’aggressività, per rispecchiare sempre l’ideale di perfezione la ragazza (nel nostro caso Maria), deve avere un comportamento sempre adeguato e di successo, deve saper portare una maschera che non lasci trapelare emozioni troppo difficili da gestire e da elaborare. I bisogni oggettuali diventano delle minacce per Maria che si trova ad essere impreparata nell’affrontare le successive fasi del suo sviluppo. L’esordio della patologia può avvenire a seguito di veri e propri “lutti” dove con questo termine voglio indicare mancanze, perdite, separazioni, intese nel loro significato più ampio: un brutto voto a scuola, un’audizione andata male, una delusione amorosa o amicale. Non avendo strategie per poter far fronte a questo enorme dolore psichico, la ragazza metterà in atto un controllo rigoroso dove la dieta alimentare non è altro che una metafora di un comportamento agito.

                                                                                       Dott.ssa Serena Bernabè

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Per approfondire:

Riva E., Adolescenza e anoressia, Raffaello Editori, 2014

“Il cigno nero” Film di Darren Aronofsky del 2010

“Briciole” Film di Ilaria Cirino del 2005

Commenti (1)

  • Buongiorno dottoressa, mia figlia soffre di anoressia e anche in questo ia famiglia MA in particolare con il papà il conflitto é apertissimo. Un conflitto aggressivo in cui l’oggetto del contendere sarei io, la mamma.
    Purtroppo la relazione conflittuale é alla base del rapporto tra me e mio marito. Oggi il conflitto é molto meno frequente.
    In famiglia oltre l’anoressia di mia figlia esiste il narcisismo depressivo e la vigoressia di mio marito.
    Ed io invece ho sofferto in passato di disturbi alimentari, di bulimia,
    Oggi Giulia dopo un anno di terapia e un ricovero in ospedale per grave bradicardia ha finalmente paura di morire e non solo di vivere. Prima la morte non era spaventosa.
    È consapevole molto della malattia. MA ancora si aggrappati ad essa come se fosse un modo per farsi vedere dal padre. Lei vorrebbe che lui desiderasse migliorare il rapporto con lei con parole e fatti.
    Dai loro conflitti mi sono spostata, la stanchezza si fa sentire. Ho vissuto buona una parte della mia vita a capire la mia fragilità e l’altra a trovare il senso di questi conflitti conn mio marito.
    Giulia è seguita da una valid equipe ed é fuori pericolo di vita. Ha ripreso la scuola e la pallavolo in una squadra molto inclusive.
    Cosa potrei ancora da mamma e moglie e donna, fare per lei?

    Grazie
    Nunzia

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