La principessa Merida. Sedurre se stessi

conscio di chi parla una nuova lingua

“La principessa Merida è tutta suo padre e poco sua madre. Coraggiosa, audace e insofferente alle regole di corte preferisce cavalcare e tirare con l’arco piuttosto che sedere a tavola composta o curare i suoi immensi capelli rossi. Costretta a sposare uno tra i pretendenti che si scontrano per la sua mano decide di sovvertire le regole: la principessa decide di combattere e scontrarsi in duello con gli altri principi per ottenere la propria mano. Decidendo di rinnegare la tradizioni scatena e subisce la conseguente ira materna.

Fuggita nei boschi per la disperazione incontra una vecchia strega che le offre un rimedio magico ai suoi problemi. Invece che acquietare i contrasti con la madre, il rimedio trasformerà quest’ultima in un orso, l’animale più odiato dal battagliero padre, quello che anni prima gli staccò una gamba.

Dopo una serie di avventure, Merida si ricongiunge con la madre e, insieme, riescono a spezzare l’incantesimo. La giovane ragazza manterrà la sua indipendenza, diventando erede del regno senza per forza dover sposare uno dei principi pretendenti.”

Questo è un breve riassunto della trama di “Ribelle- The Brave” film d’animazione, molto famoso, della Pixar. La storia, come in molti sanno, ha degli elementi piuttosto canonici: una figlia che si ribella alla madre e alle tradizioni familiari, una strega che peggiora la situazione con un incantesimo ambiguo, i tentativi per risolvere la situazione e il consueto conclusivo happy ending. Accanto a queste caratteristiche che si possono facilmente ritrovare in tantissime altre narrazioni, questa storia, a mio avviso, nasconde elementi piuttosto originali che ci permettono di leggere il tutto in un modo molto più profondo di quanto appaia.

Il passaggio, secondo me, più importante della trama è quello in cui Merida decide di partecipare agli scontri per vincere la sua stessa mano. La ragazza non vuole essere corteggiata, adulata, conquistata, vuole dimostrare di essere la più brava nel conquistare se stessa. È disposta a mettersi in gioco, rischiando, per mostrare a tutti di essere imbattibile in una disciplina che conosce benissimo: il volersi bene.

E se provassimo a fare lo stesso un po’ ogni giorno? Ci sembrerebbe strano?

Spesso diamo per scontato che alcuni comportamenti debbano per loro natura rivolgersi all’esterno e contemplare la presenza di un’altra persona. A volte, invece, alcune azioni dovrebbero essere rivolte verso noi e il nostro mondo interno.

Nella storia, Merida rifiuta la seduzione della via più facile, quella di cedere al corteggiamento dei principi per ottenere in eredità il suo regno e una vita di agi e protezione. In lei vedo la determinazione di una persona mossa dalla curiosità di capire i propri limiti, chi diventare e che ruolo assumere. La ragazza mostra la costanza nel cercare di conquistare la cosa più difficile del mondo: la propria unica e inimitabile interezza come persona. Nel riuscirci non avrà più bisogno di un principe che la protegga per governare il proprio regno, potrà farlo tranquillamente da sola.

Seduzione, corteggiamento, conquista, sono tutti comportamenti che siamo abituati a rivolgere verso altre persone o che ci aspettiamo vengano agiti verso di noi, ma abbiamo mai provato a sedurci o corteggiarci?

In ogni persona albergano diversi aspetti, desideri, istinti. Al nostro interno si muovono parti che teniamo nascoste ed evitiamo di far emergere, perché abbiamo paura che vengano giudicate male, perché le riteniamo troppo fragili o addirittura pericolose. Provare a sedurre noi stessi vuol dire rivolgersi proprio a queste parti scomode. Parlare con dolcezza agli aspetti di noi che, non saranno predominanti, ma esistono e, in qualche modo, muovono le nostre energie. Vuol dire accorciare le distanze con noi stessi, cercando di raggiungere quell’interezza che ci rende più forti e sicuri. Vuol dire, e spesso non è facile, fidarsi di ciò che abbiamo dentro (per un maggior approfondimento si rimanda all’articolo Lasciarsi cadere nell’altro – la fiducia nelle relazioni).

Come fare?

Quando proviamo a sedurre o a corteggiare qualcuno tendiamo a mostrare il nostro lato migliore, cercando, allo stesso tempo, di incuriosire l’attenzione dell’altro. La curiosità, appunto, è uno strumento relazionale così potente che dovremmo spesso rivolgerlo verso il nostro interno. Quando ci piace qualcuno gli facciamo dei complimenti, anche dicendo un semplice “sei bello/a”. Proviamo a fare lo stesso verso quelle parti di noi che nascondiamo, che sembrano non piacerci, ma che spesso ci regalano piccole gratificazioni. Diamo spazio, in modo consono, a quell’aggressività che sentiamo e che ci spaventa, a quella piccola perversione che vorrebbe essere presa in considerazione, a quel peccatuccio che da tempo ci tarla la mente. Sedursi vuol dire prendersi in considerazione.

Una frase spesso usata dice che “per voler bene agli altri, bisogna prima voler bene a se stessi”. Equazione semplice quanto vera alla quale potremmo aggiungere che prima di “conquistare” l’altro, o aspettarci che qualcuno provi a farlo con noi, dovremmo imparare a corteggiare la persona che, nel bene e nel male, ci farà compagnia per il resto della nostra vita: noi stessi.

A quel punto potremo governare da soli il nostro regno, senza aver bisogno che l’altro ci conquisti o protegga, ma lasciando, volendo, la libertà di visitarci.

“Alcuni dicono che al destino non si comanda, che il destino non è una cosa nostra. Ma io so che non è così. Il nostro destino vive in noi, bisogna soltanto avere il coraggio di vederlo”. –Merida, Ribelle

Dott. Luca Notarianni

Riceve su appuntamento a  Roma

cell. 3804739760

email: luca.notarianni@alice.it

Per approfondire

  •  Erich Fromm, L’arte di amare, Mondadori, 1995
  •  Ribelle, The brave, film Pixar, 2012

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