L’oggetto transizionale. Linus non aveva tutti i torti

Sofia è una bambina molto amata, i suoi genitori sono sempre stati attenti alle sue cure e ai suoi bisogni.

Quando è nata, ma forse ancor prima di nascere,  amici e parenti  hanno riempito la sua cameretta con peluches di ogni genere, con la speranza che uno di questi potesse rappresentare per lei  la famosa “Copertina di Linus” da portare a scuola, a casa dei nonni o semplicemente in giro.

Sofia, tra tutti quei giochi e peluches si è particolarmente affezionata a un orsetto chiamato Minù: da quando si sveglia fino a quando va a dormire, Minù è sempre accanto a lei. Lo cerca quando vuole addormentarsi la sera, la mamma glielo mette vicino nei momenti di sconforto, quando viene rimproverata da qualcuno lo cerca e lo stringe forte a sé. Con il passare del tempo Minù sembra crescere con lei, non è più così morbido come prima, in realtà sembra “invecchiato”, pochi giorni fa ha perso anche un occhio, ma per Sofia non è cambiato niente, Minù rimane comunque il suo peluche preferito.

Osservando il suo comportamento nella quotidianità mi sono fermata a riflettere sul significato di tutto questo, che importanza può avere un peluche per una bambina tanto piccola? Perchè è così tanto affezionata a lui da farlo sembrare quasi umano?Perchè non riesce a farne a meno?

Per trovare una risposta a queste domande ho rispolverato le mie conoscenze sulla psicologia dell’età infantile, leggendo uno dei libri a me più cari sono riuscita finalmente a capire… Bene, Winnicott, un noto psicoanalista, ha parlato di Oggetto Transizionale, cioè un qualcosa, ad esempio un oggetto, e in questo caso Minù, che prende il posto del legame tra madre-figlio. 

Il bambino fin dai primissimi momenti di vita ha un bisogno fisiologico di istaurare un legame di attaccamento con un caregiver cioè una persona  che ha il compito di prendersi cura di lui, ruolo generalmente svolto dalla madre. Per cura intendo sia il soddisfacimento dei bisogni fisiologici che il bisogno di attenzioni, il contatto fisico e tutti quei comportamenti che fanno sentire il bambino protetto e al sicuro.

Quando è molto piccolo può capitare che il bambino si affezioni a un orsacchiotto, ad una una copertina o anche ad un pezzo di stoffa, percepito come altro e diverso da sé. Provo a spiegarmi meglio: il bambino molto piccolo non è ancora in grado di distinguere l’oggettività delle cose o delle situazioni che gli si presentano, ogni cosa, secondo lui vive   in funzione di sé e di conseguenza anche la madre o comunque il suo caregiver, sono sottoposti al suo controllo e alla sua onnipotenza.

Più il bambino cresce e più si rende conto che la realtà esterna non è sotto il suo controllo, che l’esistenza delle cose è oggettiva e continua anche fuori dalla stanza dove lui si trova. Lo spazio che separa la realtà soggettiva e quella oggettiva, chiamato Spazio Transizionale è quello in cui  si colloca l’Oggetto Transizionale cioè la “Copertina di Linus”.

Sofia in questo modo riesce a costruirsi un’immagine di Minù sia come altro diverso da sé e di conseguenza non sotto il suo controllo, sia come una  parte che è ancora dipendente da lei; stringendo a sé il suo orsacchiotto nel momento in cui saluta la mamma per andare a scuola o quando le dà la buonanotte prima di andare a dormire, riuscirà a sopportare l’immenso dolore di sentirsi abbandonata.

Probabilmente tra qualche anno Sofia sentirà sempre meno l’esigenza di abbracciare il suo orsacchiotto, avrà meno bisogno di lui nei momenti di tristezza o prima di addormentarsi. Con il passare degli anni Sofia sarà certa di poter comunque rivedere la madre, per non sentirsi sola e abbandonata gli basterà anche solo il ricordo di un abbraccio o di una carezza sulla testa.

Non sempre però è tutto così semplice e lineare, può capitare che adulti mettano in atto comportamenti, gesti simili a dei tic, che prendono il posto della Copertina di Linus.

Camminando per la strada ho incrociato lo sguardo di un giovane ragazzo, che alla fermata dell’autobus stringeva tra le dita una sigaretta e ogni volta che l’aspirava sembrava prendere una boccata di aria pulita.

Anche in questo caso numerosi interrogativi si sono attanagliati nella mia testa: perché un ragazzo tanto giovane è così affezionato a un gesto apparentemente inutile? Perché pur sapendo l’enorme danno che può causare il fumo le persone continuano a mettere in atto un simile comportamento? Perché è tanto difficile abbandonare questo “vizio” e per alcuni non è nemmeno pensabile? E’ tutto legato alla dipendenza fisica da tali sostanze o c’è dell’altro?

A questo punto il mio pensiero è tornato nuovamente su Sofia e il suo prezioso orsacchiotto. Minù rappresenta per la bimba  ciò che la sigaretta è per il giovane ragazzo, il suo Oggetto Transizionale che con il passare del tempo assume nuove forme ma, nonostante tutto mantiene invariata la sua funzione.

Vladimir Kush

La sigaretta, come il toccarsi il naso o i capelli, il bere una birra dalla bottiglia, il toccarsi il nodo della cravatta, e tanti altri comportamenti o oggetti,  potrebbero essere un modo attraverso cui riuscire a non sentirsi “solo” e “abbandonato” utilizzati per poter superare l’ansia e il senso di abbandono che ognuno di noi vive: semplici gesti che ci tranquillizzano, che incredibilmente sono necessari e a volte addirittura indispensabili, che creano un ponte tra il dentro e il fuori, tra illusione e realtà, tra il mondo interno e ciò che ci circonda. Provando anche solo per un secondo, a dimenticare l’oggettività delle cose (Minù che è solo un semplice peluche, o la sigaretta che è nociva alla salute) è quindi possibile scoprire un mondo “magico” fatto di soggettività, di vissuti e che non è così male

come sembra.

Dott. ssa Serena Bernabè

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(+39) 349 2734192

Per approfondire:

D.Winnicott (1974), Gioco e realtà, Armando Editore, Roma 

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