Riflessioni sul Carnevale
Di Maschere e di Psiche

Periodo più folle dell’anno, dove “ogni scherzo vale” ed è possibile essere e fare ciò che ci pare.  Il Carnevale è la rappresentazione di un mondo pazzo, senza regole, dove le certezze della vita, lasciano il posto alla confusione in ogni suo sfaccettatura.

Nato come espressione di un tentativo sociale di trasgressione di norme e di sovversione di ruoli sociali sovraimposti. Nella civiltà occidentale, le origini del Carnevale sono antiche e rintracciabili nei saturnali Romani, rituali pagani in cui, in un periodo limitato di tempo, non vi era l’obbligo di rispettare leggi e costumi sociali ed in cui le gerarchie erano capovolte (gli schiavi divenivano liberi ed acquisivano poteri). Il mondo, in quei giorni, girava al contrario. L’equilibrio sociale ed il perfetto ordine delle cose, tornava con la fine della festa che veniva scandita da sacrifici, nell’ottica rituale attraverso cui la morte conduce sempre ad una nuova rinascita. 

Non è mia intenzione approfondire l’ampio aspetto antropologico legato alle ritualità del Carnevale: per ciò si rimanda a futura trattazione. Ho deciso, in questa sede, di soffermarmi sugli aspetti metaforici del Carnevale che offrono anche un’interessante chiave di lettura per riflettere sulla ritualità della vita.

Ad oggi, il Carnevale è una festa socialmente concessa soprattutto ai bambini, i quali possono accedere, senza timore, all’irrazionalità, allo stravolgimento di regole e confini ed entrare in contatto inconsapevolmente con propri desideri e paure mediante uno, più, mille travestimenti scelti (un bambino che si traveste da mostro, ad esempio, si sta identificando con le sue angosce ed al tempo stesso affrontando la parte più temuta di sé). Crescendo, si è sempre meno interessati a partecipare agli eventi carnevaleschi, archiviandoli come possibili e divertenti solo nell’epoca dei giochi. Ci riconosciamo da adulti sempre meno in grado di concederci “strappi alla regola”: nel bisogno di mantenere un controllo il più possibile razionale, ci neghiamo molte  regressioni al servizio dell’io che sono in realtà funzionali e necessarie al nostro benessere psichico (per approfondimenti si rimanda all’articolo il ruolo del gioco nello sviluppo – Da 0 a 99 anni).

Nella nostra quotidianità, però, affrontiamo molteplici “fasi carnevalesche”: l’alternarsi di periodi di confusione e di conquista di nuovi equilibri attraverso varie forme di sacrificio. Essendo animali sociali, siamo costretti per tutta la vita ad aderire a norme prestabilite che regolano e determinano le nostre relazioni ma, quando qualcosa ci destabilizza ed esse ci iniziano ad andare strette o ci deludono, ecco che il caos interiore ci sovrasta. Tutto diviene confuso. Tutto diviene crisi. Perdiamo il contatto con le regole, non riconosciamo più cosa è giusto e cosa è sbagliato. La confusione interiore emerge, la mostriamo nei nostri comportamenti, nelle nostre evasioni dal “normale”, nei nostri eccessi, nelle nostre malinconie e agitazioni.

È proprio quando la nostra identità è in crisi e non sappiamo più quali maschere indossare e come farlo, che ha inizio il nostro cambiamento. Il passaggio, la crescita e la rinascita sotto nuova forma sono possibili solo riconoscendo l’esistenza del caos interiore, affrontandolo interrogandoci su chi siamo, oltre a chi voler essere (per approfondimenti si rimanda agli articoli Idendità – Come si risponde alla domanda “chi sei?” e Formazione dell’identità- Un processo senza fine

Siamo ciò che mostriamo e ciò che non mostriamo. Tutti i giorni indossiamo maschere, in fondo. Sono le maschere del Carnevale della vita quotidiana, quelle parti di noi, o meglio, rappresentazioni di parti della nostra personalità che indossiamo davanti al mondo esterno. Sono riflessi di noi, che ci assomigliano solo in parte. Scudi, difese, ma anche  risorse poiché ci permettono di interagire e riconoscere parti simili a noi nell’altro, avvicinandoci ad esso. Sono degli strumenti, dunque, che possiamo utilizzare per arricchirci nell’incontro con l’altro e con se stessi.

Ci appelliamo alle nostre maschere soprattutto nei momenti di confusione, quando abbiamo bisogno di un contatto con la realtà, affidiamo a loro il compito di darci una forma specifica. Nel lungo processo di individuazione, volto alla conoscenza e alla scoperta di noi stessi, impariamo a riconoscerle ed averne consapevolezza, gestendole e mostrandole in base alle richieste esterne.

Jung ne parla sotto l’archetipo di “Persona” che rappresenta l’insieme delle nostre maschere, ciò che mostriamo al mondo esterno,  il nostro “io” cosciente, dunque, ciò che siamo solo in parte. Ognuno ha la sua “Persona” che possiede sia caratteristiche uniche dell’individuo, che tratti appartenenti a tutta l’umanità.

La “Persona” è solo una parte del nostro Sè, quella più visibile e certa, non rappresenta in toto il nostro Sé. Quando ci si identifica rigidamente con una maschera, un ruolo sociale, un’etichetta… si fa l’errore di nascondersi dietro la propria “Persona”. Si convince l’altro sino ad arrivare a convincere se stessi di essere solo ciò che si mostra di essere, di essere solo l’insieme delle proprie maschere, rimanendo ingabbiato in esse e bloccando o impedendo un “sano” percorso di scoperta di se stessi. La maschera, in questi casi, può rappresentare una strategia conseguente ad una trauma infantile.  un meccanismo di difesa che spinge l’individuo a mostrare solo quella parte di sé ed a negarsi, di conseguenza, la possibilità di mettersi in “gioco” nella scoperta di un mondo interiore sconosciuto. Chi fugge dalle relazioni, ad esempio, può convincere gli altri, sino a convincere se stesso, che la fuga rappresenti un tratto fondante e immodificabile della sua personalità, quando è probabilmente espressione di un vissuto di rifiuto nel legame di accudimento primario.

Il Carnevale è un tempo di confine: è possibile accedere alla serenità della primavera, solo passando attraverso giorni freddi d’inverno e confusione. La sua ritualità ci mostra come nella vita si alternino sempre fasi di disequilibrio ed equilibro, di quiete e tempesta, di divertimento e sacrificio, di rigidità e trasgressività. La circolarità è per noi un messaggio di speranza che suona come “tutto si risolverà”: ci saranno sempre nuovi inverni, nuovi periodi di caos e, sicuramente, nuove primavere.

Dott.ssa Emanuela Gamba

Riceve su appuntamento a Roma

(+39) 389 2404480

emanuela.gamba@libero.it

Approfondimenti:

Jung C. G. “L’uomo e i suoi simboli” Ed. Tea, 2004

Pirandello L., “Uno, Nessuno, Centomila”, Ed. Einaudi, 2014

Olcese G. “Il cerchio del Carnevale”, Adam Mickiewicz University Press, Poznan, 2009

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