Una morte festosa. Approcciare il lutto

Serata estiva; una dolce brezza ci avvolgeva quasi coccolandoci. Ero in jamaica, in un piccolo paesino “in the middle of nowhere” come direbbero gli inglesi. Stavamo, appunto bevendo i nostri cocktails a bordo piscina del nostro albergo quando la nostra attenzione fu richiamata da un ritmo musicale assimilabile allo ska, o forse rock steady. Non mi ricordo. Qualsiasi cosa fosse, era talmente pieno di suono, ritmo e emozioni che venimmo tutti risucchiati da quelle note accattivanti; talmente tanto che decidemmo di andare in cerca della fonte.  Il portiere del albergo ci disse che si trattava di un funerale che si stava tenendo a pochi isolati di distanza.

Si avete capito bene, un funerale. Potete immaginare l’incredulità nelle nostre espressioni; non riuscivamo ad associare quel ritmo così travolgente ad una cerimonia che per noi ha una connotazione tutt’altro che positiva. Una volta raggiunta la casa in questione, abbiamo trovato un vero e proprio piccolo concerto a cielo aperto con tanto di un piccolo bar, gente che ballava, un po’ alticcia e divertita. Un ragazzo, che poi si rivelò essere un parente del defunto, ci spiegò che tutto questo faceva effettivamente parte di un rituale chiamato “Nine nights”; ovvero un rituale di accompagnamento del morto alla sepoltura.  La salma viene esposta appunto per nove notti, in modo tale che gli amici e i parenti possano vederlo; durante la nona notte, invece si fa festa. La gente veglia fino all’alba accanto alla bara; ma le persone non rimangono lì accanto ma devono far divertire il morto cantando, giocando e ballando. In questo modo non tornerà in veste di spirito.

Fui stupita da questo approccio alla morte, che strideva in maniera così forte con i nostri pianti, le litanie, i veli neri delle signore del sud Italia indossati per giorni interi; alla fine sono entrambi modi per esorcizzare, per affrontare qualcosa che va al di là della nostra portata. Non c’è un modo migliore di un altro; affrontare la perdita, soprattutto di una persona cara, implica molteplici elementi.

D’altronde il concetto di morte e ancor più quello di lutto sono fenomeni complessi che investono non solo aspetti individuali ma anche socio-culturali; infatti, riveste un’importanza centrale nei trattamenti psicoterapici a lungo termine. Inoltre il concetto di lutto, nonché le sue implicazioni in ambito clinico e la sua distinzione con le diverse forme di depressione sono stati un lungo oggetto di dibattito soprattutto in vista della stesura della quinta edizione del DSM.

Yalom, uno dei maestri della psicoterapia esistenziale, annovera la morte tra le quattro questioni ultime, potenzialmente generatrici di conflitti interiori assieme alla solitudine, il significato della vita e la libertà. Secondo lo psichiatra, infatti, interfacciarsi con le perdite offre al paziente degli orizzonti di senso, spunti di riflessione per poi portare a possibili cambiamenti. Questo avviene sia quando il paziente viene messo di fronte alla propria morte sia quando si parla della perdita di persone care; per i malati terminali, infatti, confrontarsi con questo, assume un significato pregnante da un punto di vista esistenziale. Viene riassegnata, infatti, la giusta importanza ai diversi valori e persone della propria vita; è come se l’imminente e ineluttabile fine sciogliesse nodi relazionali scottanti, banalizzandoli. Secondo Yalom, è addirittura curativa per fobie e nevrosi.

La perdita, dunque, al di là del significato negativo legato alla distruzione fisica, può, in molti casi essere salvifica e celebrata da un ritualità festosa dalle note reggaeggianti.

Dott.ssa Chiara Moriglia

Psicologa e Psicoterapeuta in formazione a Perugia

(+39) 346 7294890

morigliachiara@gmail.com

 

Per approfondire

Yalom, I.D. (2014) Il dono della Terapia, Neri Pozza Editore

Foehr, S. (2006) Risvegliarsi In Giamaica, Giangiacomo Feltrinelli Editore

culture, lutto, Morte

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