Lo sviluppo infantile. Le fondamenta della nostra mente

È ormai fuori discussione l’importanza dei primi anni di vita per lo sviluppo sano o patologico dell’individuo. Ciò che avviene in questa delicatissima fase è come se venisse registrato, utilizzato come base, come fondamenta della propria personalità. Tutto ciò risulta molto chiaro quando ci troviamo di fronte a evidenti casi di maltrattamenti o trascuratezza. Penso che ognuno di noi, senza necessariamente possedere particolari conoscenze in psicologia, possa comprendere quanto può incidere negativamente sullo sviluppo, un abuso subito durante l’infanzia. La vulnerabilità fisica e psicologica del bambino, a differenza di un adulto, lo pongono in una situazione di impotenza che minerà la propria percezione di poter esercitare del controllo su sé stessi e sulla propria realtà. Ciò che risulta essere il problema principale è che, subire maltrattamenti o abusi in questa fase dello sviluppo, va ad interferire con quei normali processi relazionali all’interno dei quali il bambino si dovrebbe sperimentare e che dovrebbero funzionare da base per il suo sviluppo mentale.

Sigmund Freud individuò nelle esperienze traumatiche infantili, in particolare le seduzioni sessuali, i fattori di genesi dell’isteria (per un approfondimento si può consultare l’articolo L’isteria – Psicopatologia dei sessi nella rivista del mese di Aprile 2015). Evidenziò quindi l’importanza di quanto avviene di traumatico nelle prime fasi dello sviluppo.

Successivamente spostò la propria attenzione dalle esperienze reali di seduzione sessuale alla dinamica psichica delle pulsioni. In questa prospettiva le pulsioni sono come stimoli interni che indirizzano il comportamento, i pensieri e le fantasie del soggetto. La mente non sarebbe altro che un apparato per scaricare gli stimoli e si strutturerebbe in modo da contenerli, gestirli e, quando possibile, scaricarli.

Nello sviluppo psicosessuale si succedono diverse fasi (orale, anale, fallica e genitale) caratterizzate da diversi modi di gestire e scaricare le pulsioni, che si dirigono verso diversi oggetti. La meta, ovvero lo scopo finale, resta sempre quello della scarica.

Ma non sempre questo è possibile. Con la teoria strutturale, Freud delinea tre istanze presenti nella mente dell’individuo: Io, Es e Super-Io. Mentre l’Es sarebbe il contenitore delle pulsioni, il Super-Io sarebbe l’ente normativo, frutto dell’introiezione delle norme morali e sociali. All’istanza dell’Io spetterebbe l’arduo compito di bilanciare scarica pulsionale e rispetto di quanto imposto dalla società.

All’interno di questa prospettiva il bambino avrebbe la tendenza naturale alla ricerca della soddisfazione e i rapporti con chi si prende cura di lui, sarebbero inconsciamente mossi da questa motivazione.

Successivi sviluppo della psicoanalisi hanno gradualmente prestato maggiore attenzione al mondo relazionale del bambino, più che a quello interno.

Con la scuola delle relazioni oggettuali si iniziò a pensare che fossero le relazioni, e non le pulsioni, la motivazione fondamentale dell’essere umano. Fairbairn negò che la gratificazione e la riduzione della tensione fossero la spinta principale dell’essere umano e affermò che piuttosto ogni individuo è mosso dalla ricerca del legame con gli altri fine a sé stesso. Ed è all’interno di questi rapporto che il bambino struttura la propria mente, formando degli oggetti interni in base alle risposte ricevute da chi si prende cura di lui.

Viene spostata l’attenzione su ciò che Freud, probabilmente, in principio aveva individuato (l’importanza delle prime relazioni.

Una pietra miliare in questo percorso venne poi rappresentata da John Bowlby, il quale affermò che l’attaccamento del bambino alla madre è istintivo, è innato e non il risultato dell’attività di gratificazione della madre. Facendo riferimento all’etologia e alla teoria Darwiniana, Bowlby affermò che la relazione con la madre assicura, al bambino, la sopravvivenza e per questo la ricerca del legame può essere considerata come una dotazione innata (per un approfondimento si può consultare l’articolo Legame di attaccamento – L’importanza di legarsi nella rivista del mese di Marzo 2015).

Il bambino instaura il legame indipendentemente dalle risposte della madre, ma il suo sviluppo non può essere invece autonomo rispetto ad esse. All’interno del primo anno di vita, il ripetersi in maniera prevedibile di determinati stili relazionali, contribuisce alla formazione di un determinato tipo di legame: sicuro, evitante, ambivalente o disorganizzato. Quest’ultimo rappresenta lo stile di attaccamento che si sviluppa più frequentemente in situazioni di maltrattamenti e abusi all’infanzia ed è il più implicato nello sviluppo di successive psicopatologie. Sintetizzando, agirebbe da fattore di rischio. Ma in che modo?

L’attaccamento disorganizzato può essere considerato come il fallimento nell’instaurarsi di una strategia di organizzazione del comportamento. In tutti gli altri stili di attaccamento si viene a creare un copione relazionale prevedibile: la madre propone uno stile relazionale, in base al quale il bambino risponde e forma dei Modelli Operativi Interni, delle rappresentazioni mentali coerenti di sé e degli altri nelle relazioni.

Nell’attaccamento disorganizzato il bambino si trova a relazionarsi con una madre che non riesce a fornire una base sicura. Si tratta spesso di madri che non sono ancora riuscite ad elaborare stati mentali legati a lutti e traumi subiti. Questo si concretizza nella manifestazione di espressioni di paura o stati dissociativi che spaventano il bambino e lo pongono di fronte ad un dilemma: doversi far proteggere da chi, allo stesso tempo, lo spaventa. Qui si viene a delineare il fallimento nella creazione di una strategia di comportamento relazionale e si mina l’opportunità per la mente del bambino di poter possedere un modello coerente e prevedibile delle relazioni interpersonali.

La capacità del bambino di poter interagire con l’adulto facendo riferimento ad un modello coerente e prevedibile, è stata confermata dagli studi dell’Infant Research. Diversi autori hanno potuto osservare che il bambino, sin dall’inizio, si sperimenta attivamente nelle interazioni cercando di comunicare all’adulto i propri stati interni e di stimolare in esso una risposta sintonica. Il ripetersi di queste interazioni permette al bambino di costruire un modello prevedibile col quale poter affrontare la realtà. Inizia in tal modo a sperimentare un senso di efficacia personale che influirà positivamente nello sviluppo relazionale successivo.

All’interno di questi scambi relazionali coerenti il bambino inizia ad esercitare la propria capacità di leggere gli stati mentali altrui: sviluppa la capacità di mentalizzare (per un approfondimento si può consultare l’articolo Lo sviluppo della Mentalizzazione – Comprendere la Mente nella rivista del mese di Maggio 2015 e l’articolo Funzione riflessiva e Sviluppo del sé- L’importanza di un banale riflesso nella rivista del mese di Dicembre 2014).

Questa prospettiva permette di comprende l’importanza di un ambiente accogliente, coerente e sintonizzato sui bisogni del bambino. Questo è infatti la base relazionale all’interno della quale il bambino sviluppa una mente in grado comprendere la realtà.

Perciò lo sviluppo infantile non può essere assolutamente considerato una normale fase della vita o peggio ancora solamente l’età dei capricci e dei divieti. L’adulto non può approcciare al bambino senza cogliere con sensibilità le sue innate capacità di osservazione e lettura degli stati mentali, affettivi e comportamentali altrui. Sottovalutare i primi scambi interattivi e ridurli, ad esempio, al semplice aspetto materiale della nutrizione e della cura dell’igiene, significa non prendere in considerazione un mondo relazionale già presente nel bambino. Significa non occuparsi delle fondamenta della sua mente.

Dott. Roberto Zucchini

Per approfondire:

Ammaniti, M. (2001). Manuale di psicopatologia dell’adolescenza. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Bowlby, J. (1951). Cure materne e igiene mentale nel fanciullo. Tr. It. Giunti Barbera, Firenze, 1957.

Freud, S., Breuer, J. (1892-95). Studi sull’isteria,Vol 1. Bollati Boringhieri.

Freud, S. (1905). Tre saggi sulla teoria sessuale. Bollati Boringhieri.

Freud, S. (1915). Pulsioni e loro destini. OSF, vol VIII.

Mitchell, S.A., Black, M.J. (1996). L’esperienza della psicoanalisi. Bollati Boringhieri.

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